Il caso dell’omicidio di Sharon Verzeni e le indagini, si fa più chiara e pesante la posizione di Moussa Sangare, trasferito da Bergamo a San Vittore anche per motivi di sicurezza e incolumità
Il caso dell’omicidio di Sharon Verzeni, la ragazza di Terno d’Isola assassinata a coltellate per strada. Un omicidio nel quale manca una delle cose più importanti. Il movente. E la cui dinamica è ancora al vaglio degli inquirenti.
Soprattutto dopo gli interrogatori di Moussa Sangare, reo concesso. Da una parte le sue responsabilità sono emerse in modo estremamente chiaro. Dall’altra alcune reticenze lasciano emergere un tratto ancora da definire…
Prima di ammettere la sua colpevolezza, Moussa Sangare, l’assassino di Sharon Verzeni, ha raccontato una serie di versioni infondate e contraddittorie. E paradossalmente sono state proprio le sue bugie a portare gli investigatori sulla strada giusta.
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Moussa Sangare, il 31enne arrestato per il brutale omicidio di Sharon Verzeni, aveva inizialmente negato ogni coinvolgimento nel crimine. Fin da subito aveva raccontato agli investigatori di avere visto Sharon con un amico e che sarebbe stato questo ‘amico’ a ucciderla dopo un litigio. Un uomo che prima di darsi alla fuga avrebbe minacciato anche lui con lo stesso coltello dell’omicidio.
Questa prima versione è stata subito considerata sospetta. Infatti, le telecamere di sorveglianza hanno mostrato chiaramente Sharon camminare da sola per tutta la durata del percorso che ha preceduto il suo omicidio.
Oltre a questa falsa ricostruzione, Sangare ha fornito anche altre versioni non credibili, cercando di confondere le acque.
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Prima aveva negato di essere stato recentemente a Terno d’Isola, dove è avvenuto l’omicidio. Ma quando gli è stato mostrato un video che lo riprendeva sul luogo del delitto, ha cambiato versione, dicendo di essere stato presente e accusando uno sconosciuto dell’omicidio. La descrizione fornita era vaga e incoerente, rendendo la sua versione ancora meno credibile.
Un vero e proprio tentativo di depistare le indagini che di fatto lo ha messo al centro dell’attenzione, aggravando ulteriormente la sua posizione investigativa. Oltre a mentire sugli eventi della notte dell’omicidio, Sangare ha cercato in vari modi di far perdere le sue tracce.
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Dopo il crimine, si è tagliato i capelli per cambiare il proprio aspetto e ha alterato la sua bicicletta per renderla quanto meno riconoscibile. Ha cambiato alcuni pezzi della sua bicicletta, oltre a nascondere l’arma del delitto, così come altri tre coltelli che aveva con sé quella notte, lanciati nel fiume Adda. Ma questi tentativi di evitare la cattura non sono serviti a molto. Alla fine, le prove contro di lui si sono accumulate e le sue testimonianze sono diventate talmente tanto confuse da metterlo definitivamente nei guai.
In una delle sue ultime versioni Moussa Sangare ha ammesso di aver avuto un “raptus improvviso” la notte del delitto, affermando di non sapere perché avesse ucciso Sharon. Ha descritto di essere uscito di casa quella sera con una “sensazione” indescrivibile, che lo avrebbe spinto a fare del male. Ha poi confessato di aver fatto una sorta di “prova generale” con una statua di legno poco prima di commettere l’omicidio.
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Dichiarazioni che hanno portato alcuni a ipotizzare che Sangare possa soffrire di un disturbo mentale. Tuttavia, secondo il giudice per le indagini preliminari le condizioni di Sangare risultano non alterate, senza segni di patologie psichiatriche né passate né recenti.
Nel verbale della sua confessione, Sangare ha descritto con dettagli agghiaccianti l’omicidio di Sharon Verzeni. Ha spiegato di averla seguita mentre camminava da sola per strada, di averle toccato la spalla e di averle detto: “Scusa per quello che sta per accadere.”
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Sangare aveva con sé un foglietto sul aveva appuntato i dettagli di un altro omicidio, commesso da Moses Osagie, un nigeriano di 42 anni che aveva accoltellato a morte la moglie Vicitoria a Concordia Sagittaria in provincia di Venezia nel 2021. Sangare Ha affermato di essere interessato ai casi di omicidio, specialmente a quelli in cui venivano usati coltelli. Questo particolare ha aggiunto un ulteriore livello di inquietudine alla sua figura.
Al vaglio degli inquirenti anche la testimonianza della famiglia di Sangare, in particolare quello della sorella Awa, nata come lei qui in Italia da genitori di origine maliana. Da tempo il ragazzo aveva crisi di identità, dovuti soprattutto al massiccio uso di marijuana, hashish e droghe sintetiche, soprattutto metanfetamine. Scatti di ira improvvisa che si erano aggravati dopo due viaggi negli Stati Uniti e a Londra dal quale Sangare era tornato dando segni di evidente irrequietezza e instabilità.
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Awa, minacciata dal fratello con un coltello, aveva anche allertato i servizi sociali ammettendo il clima di tensione e paura in famiglia a causa delle sue condizioni psichiche. Un ragazzo che dormiva tutto il giorno e usciva in bicicletta, di notte, per tornare a casa in condizioni pessime.
Il comportamento di Moussa Sangare anche nella notte dell’omicidio sembra privo di un movente razionale. Dopo aver percorso in bicicletta cinque chilometri da Suisio a Terno d’Isola, ha scelto Sharon Verzeni come sua vittima apparentemente senza una ragione comprensibile.
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Nella sua confessione, ha ammesso di essere uscito di casa con l’intenzione di fare del male, ma senza un obiettivo specifico. Sharon sarebbe stata scelta perché sola e indifesa.
Nel frattempo mentre le indagini proseguono nel tentativo soprattutto di chiarire le reali condizioni emotive di Moussa Sangare, il giovane è stato trasferito da Bergamo – dove era stato condotto in stato di fermo subito dopo il suo arresto – a San Vittore. Una decisione presa anche per la sua stessa sicurezza e incolumità dopo episodi di aggressività e minacce da parte degli altri detenuti della casa penitenziaria.
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Anche a San Vittore è sorvegliato a vista, in attesa del processo, mentre gli inquirenti continuano a indagare su possibili ulteriori dettagli e motivazioni che potrebbero emergere.
L’intera vicenda evidenzia non solo la crudeltà di un omicidio apparentemente casuale, ma anche le gravi lacune nel sistema di assistenza sociale e di prevenzione che hanno permesso che la situazione sfuggisse di mano. Forse, se fossero stati presi provvedimenti in tempo, questa tragedia si sarebbe potuta evitare.