Convalidato l’arresto di Andrea Beretta, il capo ultrà della curva nord dell’Inter che si è avvalso della facoltà di non rispondere e accusato dell’omicidio di Antonio Bellocco
Silenzio assoluto, massimo riserbo, e l’indicazione da parte dei capipopolo di non parlare. La Curva Nord con tutti i suoi gruppi del tifo organizzato sta vivendo ore di confronto dopo il clamoroso caso dell’omicidio di Antonio Bellocco, capo ultrà dell’Inter assassinato da un altro esponente dei vertici del tifo nerazzurro, Andrea Beretta.
Un episodio che ha scosso il mondo del tifo organizzato, non solo interista, riportando alla ribalta i legami tra criminalità organizzata e gli ambienti ultrà del calcio italiano.
Andrea Beretta, capo ultrà dell’Inter, protagonista di questa drammatica vicenda, è stato arrestato con l’accusa di omicidio aggravato e detenzione illegale di un’arma da fuoco. Le indagini, tuttora in corso, cercano di fare luce su un contesto di tensioni e affari illeciti che avrebbe portato al fatale regolamento di conti tra i due uomini.
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Il fatto risale al 4 settembre scorso. Una discussione che sfocia in tragedia quando i due hanno una discussione. Ma come siano andate le cose all’interno della macchina teatro del fatto di sangue è ancora tutto da verificare. Beretta, il cui arresto è stato convalidato dal giudice per le indagini preliminari di Milano, Lorenza Pasquinelli, avrebbe in qualche modo ricostruito l’accaduto. Ma in modo sommario e ancora tutto da chiarire.
Il GIP ha convalidato il fermo del 49enne e disposto la custodia cautelare nel carcere di Opera, citando “la gravità del fatto” e il “pericolo di fuga e reiterazione del reato”. Una decisione motivata dai gravi indizi di colpevolezza raccolti e dalla necessità di evitare che Beretta possa influenzare eventuali testimoni o compiere altri atti violenti. Una vicenda che insomma potrebbe avere conseguenze molto serie negli ambienti del tifo organizzato interista.
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Da chiarire il motivo della discussione che ha portato all’omicidio considerando che i rapporti tra Beretta e Bellocco si erano progressivamente deteriorati. I due si sarebbero incontrati proprio per fare chiarezza.
Fonti investigative suggeriscono che Bellocco stesse cercando di ottenere il controllo su alcune attività legate al merchandising dei tifosi interisti, gestito da Beretta tramite uno dei club organizzati, il “Milano siamo noi” con sede a Pioltello.
Nelle ultime ore la famiglia di Antonio Bellocco ha diffuso una nota attraverso il proprio legale nella quale ricostruisce una realtà diversa da quella che è stata la prima ricostruzione degli inquirenti che parlano di discussione legate al controllo di operazioni non del tutto lecite: droga, gestione dei parcheggi abusivi e merchandising. La famiglia invece scrive… “Ciò che è accaduto, non può, allo stato, essere in alcun modo ricondotto a contesti di criminalità organizzata spostando l’attenzione mediatica sui trascorsi giudiziari della vittima e non sulla progressione della condotta criminale appartenente ad un soggetto già gravato di provvedimenti disciplinari penali a causa del proprio comportamento al di fuori dei contesti di legalità”.
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Bellocco, originario di Reggio Calabria e considerato vicino agli ambienti del clan della ‘ndrangheta di Rosarno, si era trasferito a Milano dove, sempre secondo la famiglia… “conduceva una vita nel pieno rispetto delle regole civili”.
Durante l’interrogatorio avvenuto alla presenza del suo difensore Mirko Perlino, Andrea Beretta avrebbe ammesso di essersi armato nei giorni precedenti all’omicidio a scopo di difesa, avendo ricevuto minacce da persone vicine a Bellocco. Secondo la sua ricostruzione i due avrebbero litigato. Bellocco avrebbe cercato di colpire per primo con un colpo di pistola cui Beretta avrebbe reagito con un fendente del suo coltello a serramanico.
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Una versione dei fatti non ha convinto completamente gli inquirenti, che ipotizzano uno scenario diverso. Le immagini delle telecamere di sorveglianza, unite alle dichiarazioni di alcuni testimoni, sembrano suggerire che Beretta abbia tentato di sparare per primo, ma, a causa di un problema con il caricatore, sarebbe passato all’uso del coltello. Un dettaglio rilevante è il fatto che in auto sia stato ritrovato un solo bossolo, nonostante un testimone oculare abbia riferito di aver sentito due spari. Per risolvere questi dubbi, sarà cruciale l’autopsia sul corpo di Bellocco, fissata per domani, lunedì 9 settembre.
Le indagini stanno cercando di chiarire il movente esatto che ha portato all’omicidio. Da una parte, vi è la possibilità di un regolamento di conti legato alle dinamiche interne del gruppo ultrà e agli interessi economici illeciti. Dall’altra, emergono ipotesi più personali legate a rivalità e a lotte di potere tra i membri della curva, non nuova a divisioni e discussioni al suo interno.
Bellocco, considerato l’erede di una delle famiglie ‘ndranghetiste maggiormente radicate al Nord, aveva, secondo le indagini, messo gli occhi sugli affari che orbitavano attorno allo stadio, tentando di scalare le posizioni all’interno della tifoseria organizzata.
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Il giudice Pasquinelli ha anche sottolineato la possibilità che Beretta possa aver cercato di fuggire o di influenzare le indagini, dato il suo possesso di documenti falsi con cui riusciva a muoversi indisturbato a Milano nonostante il divieto di accesso allo stadio (Daspo). Questo documento falso, con un nome e cognome inventati, sarebbe stato usato per frequentare locali notturni e gestire in segreto alcune attività illecite legate alla tifoseria organizzata. Per gli investigatori, rappresentava un vero e proprio lasciapassare per continuare a occuparsi degli affari nonostante le restrizioni imposte dalle autorità.
L’analisi delle prove raccolte sul luogo dell’omicidio è cruciale per ricostruire l’esatta dinamica dei fatti. Gli investigatori hanno disposto accertamenti balistici per stabilire se l’arma da fuoco trovata sia stata effettivamente usata, e se ci sia stato un secondo sparo come riferito da un testimone. Anche il referto autoptico sarà determinante per stabilire quante coltellate siano state inferte e se vi siano segni di ulteriori ferite da proiettile. Secondo le riprese delle telecamere di sorveglianza, dopo che la tragedia si era già consumata, Andrea Beretta sarebbe rientrato almeno una volta all’interno dell’abitacolo dell’auto dove giaceva il corpo di Bellocco per infliggergli il colpo di grazia.
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Le incongruenze tra la versione di Beretta e le prove raccolte fino a questo momento lasciano aperta l’ipotesi di una premeditazione o comunque di una messinscena. Gli inquirenti sospettano, infatti, che la ferita all’anca riportata da Beretta possa essere stata autoinflitta per simulare una difesa legittima. Questi elementi, insieme al ritrovamento del bossolo e alle dichiarazioni dei testimoni, saranno attentamente vagliati per stabilire la verità.
L’omicidio di Bellocco sembra andare oltre il semplice mondo degli ultras, delineando una trama di interessi economici e criminali che coinvolgono la criminalità organizzata e le fazioni del tifo più estremo. Le tensioni tra i gruppi ultras, spesso legate a questioni di territorio e potere, in questo caso si intrecciano con le dinamiche della ‘ndrangheta, che da tempo ha esteso i suoi tentacoli nel Nord Italia. L’assassinio di Bellocco rappresenta dunque non solo un atto di violenza tra tifosi, ma anche un episodio che potrebbe avere ripercussioni più ampie nel contesto della criminalità organizzata.
Le indagini sono ancora in corso e si attendono ulteriori sviluppi nelle prossime settimane. La vicenda ha riacceso il dibattito sul controllo delle tifoserie organizzate da parte della criminalità e sul rapporto tra violenza negli stadi e attività criminali. Sarà compito degli investigatori e della magistratura fare piena luce su questa oscura vicenda e assicurare che la giustizia prevalga in un contesto così complesso e pericoloso.