Svolta nelle indagini sull’omicidio di Candido Montini, il commerciante di 76 anni ucciso nella sua abitazione a Garzeno, il 17enne indagato ha confessato
“Sono stato io, l’ho ucciso io….” Ha confessato il 17enne accusato dell’omicidio di Candido Montini, ex vicesindaco di Garzeno, piccolo paesino in provincia di Como, ucciso a coltellate.
Il tutto a poco più di un mese da un fatto di sangue efferato, violento e almen apparentemente assurdo che ha letteralmente sconvolto la quiete di un paese che sembra quanto di più lontano dai clamori e dai drammi della cronaca nera.
Al quarto giorno di detenzione è crollata la reticenza del 17enne, parente alla lontana della vittima, che inizialmente aveva prima negato ogni accusa per poi avvalersi della facoltà di non rispondere. Oggi, durante l’udienza di prammatica per la convalida dell’arresto, il giovanissimo ha confessato le sue responsabilità ammettendo sia la rapina sia l’uccisione di Montini.
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La confessione è stata registrata in carcere durante l’interrogatorio con il giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Milano, Irina Alice Grossi che ovviamente ha subito convalidato il fermo e e la custodia cautelare del 17enne nel carcere minorile Beccaria di Milano, con l’accusa di omicidio volontario aggravato.
Incalzato dagli elementi emersi dalle indagini, tra i quali le sue stesse impronte sull’arma del delitto – un coltello da cucina – e alcune immagini delle telecamere di sorveglianza che lo avevano registrato in un orario coerente con i tempi dell’omicidio, il giovane ha ammesso le sue responsabilità. Confermata la teoria ipotizzata dal pubblico ministero Myriam Iacoviello: anche se sono molte altre le cose da chiarire.
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Si sa che il corpo del 76enne era stato ritrovato nella sua abitazione di Catasco, una frazione montana di Garzeno, con numerose ferite da arma da taglio. Durante le ricerche, gli inquirenti avevano scoperto tracce biologiche del ragazzo sul coltello da cucina usato nell’aggressione, rinvenuto poco lontano dalla casa della vittima. L’esame del DNA avrebbe ulteriormente dato conferme circa le sue responsabilità.
In un secondo momento, facendo forza su alcune testimonianze e poi sulle ammissioni del giovane dopo la confessione, si è scoperto che il giorno prima del delitto, il 17enne aveva avuto un acceso confronto con Montini.
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Secondo quanto emerso, la vittima si sarebbe rifiutata di cambiare alcune banconote da 300 euro, presumibilmente false, portate dal 17enne. Un rifiuto che avrebbe innescato una forte tensione culminata nella tragedia del giorno successivo. Nei pressi della casa, oltre al coltello, è stato trovato anche il portafoglio dell’anziano, privo di contanti, mentre altre impronte del giovane erano state evidenziate anche in diversi punti dell’abitazione, luogo del delitto
Il 17enne resta dunque in carcere. Da capire quali saranno le strategie difensive del giovane, accusato adesso di omicidio, di fronte a un delitto cruento e con motivazioni ancora da mettere completamente a fuoco.
L’identikit del ragazzo, che non va a scuola e aveva lavorato per breve tempo come apprendista, parla di un giovanissimo con velleità artistiche nella musica rap ma tormentato da luoghi comuni sempre più presenti nella narrativa della generazione adolescenziale di oggi: soldi facili, potere, in un contesto di violenza e degrado urbano che a Milano è purtroppo diventata lo scenario quotidiano. Ma che con la tranquillità di Garzeno non sembra avere nulla a che fare.
In questo senso l’omicidio di Garzeno solleva nuovi interrogativi sulla situazione dei giovani e sui segnali di disagio che talvolta non vengono colti. La presidente del Tribunale per i minorenni di Milano, Maria Carla Gatto, ha commentato la vicenda definendola “tragica” e segnalando un problema sociale crescente.
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Secondo la presidente… “Parliamo di episodi estremamente preoccupanti che rivelano un disagio giovanile gravissimo e allarmante. Dobbiamo sottolineare l’emergenza che ci troviamo ad affrontare già oggi e che a breve potrebbe diventare un argomento anche più drammatico. Dobbiamo prendere atto del fatto che questi segnali non sono stati né intercettati né compresi dalle famiglie e dalle istituzioni educative o dai servizi sociali”.
L’udienza di convalida del fermo ha confermato la misura cautelare in carcere per il giovane, con l’accusa di omicidio volontario aggravato e rapina. Seguito dall’avvocata Valentina Sgroi, il 17enne attende ora il processo, durante il quale verranno approfondite le dinamiche psicologiche e sociali che potrebbero aver contribuito al drammatico gesto.