La tragica morte del base jumper e filmmaker bresciano Raian Kamel ha riportato d’attualità il tema delle grandi imprese in volo libero che sono costate la vita a molti splendidi atleti
La morte di Raian Kamel ha scosso la comunità davvero folta ed estremamente solidale di tutti gli appassionati di sport estremi.
Il base jumper bresciano, scomparso tragicamente ieri in Val Badia dopo essere precipitato tra le nevi del ghiacciaio del Piz da Lech a 2400 in uno dei suoi voli, era popolarissimo. Soprattutto a Milano, dove viveva: ma in particolare on line dove poteva contare su un solido numero di fan e di follower.
Raian Kamel era un eccellente filmmaker. Le sue imprese erano temerarie ma documentate in modo straordinario. La notizia della sua tragica scomparsa ha destato molto cordoglio a Cinisello Balsamo, dove viveva e lavorava da anni, ma anche on line dove la comunità dei base jumper è molto attiva e connessa.
Molti hanno espresso il loro cordoglio e la propria incredulità per la tragica scomparsa di un uomo che aveva dedicato la sua vita alla passione per il volo estremo. Molti i messaggi davvero commoventi.
Anche i ragazzi dell’Aiut Alpin Dolomites che lo hanno recuperato senza vita sul ghiacciaio lo hanno voluto ricordare come un uomo che amava profondamente le montagne della Val Badia: “Un ragazzo attento, meticoloso e preparato, molto rispettoso della montagna e del nostro lavoro – ha dichiarato uno dei ragazzi del soccorso appena sceso a terra dopo l’intervento – spesso quando ci incontrava ci diceva buon lavoro. Basta che non lavoriate per me… Era una battuta e ci scherzava sopra con la sensibilità di chi sa di compiere qualcosa di estremamente pericoloso. La sua morte è una grande perdita per tutti noi e per la nostra comunità”.
La tragica morte di Raian Kamel solleva ancora una volta la questione della sicurezza nel base jumping. Nonostante le precauzioni e le preparazioni, questo sport rimane estremamente pericoloso. L’assenza di margini di errore e l’imprevedibilità delle condizioni ambientali rendono ogni salto una sfida estrema.
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Gli incidenti come quello occorso a Raian sul Piz da Lech e in altre località dimostrano, che anche gli specialisti più esperti possono trovarsi in situazioni fatali. Le autorità locali e le comunità di base jumper continuano a lavorare per migliorare le condizioni di sicurezza e per sensibilizzare i praticanti sui rischi coinvolti. Tuttavia, l’attrattiva del volo estremo e l’adrenalina che ne deriva continuano a richiamare numerosi appassionati.
Le vittime nel base jumping purtroppo sono state molte nel corso degli ultimi anni. Due dal 2020 a oggi proprio sul Piz da Lech.
Ma ci sono altri base jumper che hanno innovato più di altri il volo libero con la tuta alare erano legatissimi a Milano.
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Alexander Polli era un base jumper italo-norvegese diventato famoso nel 2013 per aver volato attraverso una grotta naturale la Foradada del Montsec, in Spagna realizzando un video incredibile. Morì a Chamonix, tra pochi giorni saranno otto anni, mentre testava una nuova tuta alare ad alta velocità. Ha perso il controllo e si è schiantato morendo sul colpo.
Emanuele Uli era un altro base jumper italiano famoso per il volo nel cerchio di fuoco. Morì pochi giorni prima di Alexander, in Svizzera, nelle Alpi Bernesi.
Ma il nome che tutti ricordano è soprattutto quello di Patrick de Gayardon, un pioniere, forse il primo atleta in assoluto a sperimentare il volo in tuta alare.
Patrick era famosissimo anche per la sua intensa attività divulgativa e mediatica: era diventato testimonial di molti marchi importanti e investiva ogni guadagno della sua attività promozionale nel perfezionare questa disciplina.
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De Gayardon, francese, classe 1960, ha introdotto molte delle tecniche e delle innovazioni che sono diventate standard nel base jumping moderno. La sua abilità e il suo stile unico lo hanno reso una figura di riferimento e un’icona per gli appassionati di sport estremi.
De Gayardon era un vero atleta totale. Era in grado di misurarsi con successo con qualsiasi disciplina. Nato nobile da una famiglia ricchissima, avrebbe potuto diventare un professionista nel golf o nel tennis. Ma scelse imprese che lo hanno scritto più volte nel Guinness dei Primati dell’estremo. Fu il primo a praticare il volo libero sul Polo Nord, il primo che riuscì a volare senza assistenza dal Salto do Angel, la cascata venezuelana pià alta del mondo. Molto, ma molto prima di Felix Baumgartner si getta prima da 11700 metri e poi quasi 13mila senza ossigeno in paracadute.
Patrick de Gayardon è morto il 13 aprile 1998, a soli 38 anni, durante un volo di prova alle Hawaii. Stava testando una nuova versione della sua tuta alare quando un problema tecnico ha causato un malfunzionamento.
De Gayardon non è riuscito a correggere la rotta e si è schiantato senza riuscire ad aprire il paracadute e perdendo la vita sul colpo.
La sua morte ha scosso profondamente la comunità dei base jumper e ha messo in luce i rischi estremi associati a questo sport. Il giorno dopo la sua morte tutti i giornali misero in risalto le sue incredibili imprese e i successi che portarono al brevetto di materiali tecnici che oggi vengono usati comunemente nel mondo dell’alpinismo, della rampicata, del paracadutismo.