Una ditta bresciana che produceva fanghi destinati all’agricoltura è stata sequestrata su indicazione del gip Elena Stefana nell’ambito di un’inchiesta sull’inquinamento dei campi agricoli nella bassa bresciana che ha coinvolto anche 15 persone.
Al centro dell’inchiesta condotta dai Carabinieri Forestali ci sono le circa 150 mila tonnellate di fanghi finite nei campi come fertilizzanti tra il gennaio del 2018 e l’agosto del 2019 e forniti dalla ditta bresciana Wte che era finita sotto inchiesta già nel 2011 a seguito delle denunce presentate dai cittadini per molestie olfattive. In quella occasione erano anche state rilevate irregolarità nel trattamento dei fanghi che avevano portato a imporre all’azienda migliorie negli impianti. Arpa aveva quindi accertato una contaminazione da metalli pesanti, idrocarburi e altre sostanze inquinanti.
È solo l’inchiesta del 2018, però, che rivela le condotte illecite dell’azienda bresciana che lasciava intendere agli agricoltori di realizzare i fertilizzanti con gli scarti dell’industria agroalimentare. A supporto di questa tesi ci sono numerose intercettazioni telefoniche dove diverse persone coinvolte, dai consulenti della Wte ai contoterzisti che avevano rapporti con gli agricoltori, ammettevano la pericolosità dei fanghi. Tra queste figura anche un dialogo che coinvolge Antonio Maria Carucci ex dipendente di un’azienda di Sesto San Giovanni che si occupava del trattamento di fanghi della depurazione in agricoltura e che aveva alle spalle una condanna per traffico illecito di rifiuti.
Il principale indagato è Giuseppe Giustacchini, amministratore delegato della Wte che dunque non lavorava i fanghi a norma di legge aggiudicandosi così prezzi estremamente concorrenziali e producendo autocertificazioni che attestavano la regolarità nel trattamento delle sostanze. Giustacchini poteva infine contare anche sul supporto di Luigi Mille, direttore dell’Agenzia Interregionale per il fiume Po.
Nel provvedimento rientra anche il sequestro di ingenti somme a carico delle società coinvolte di cui circa 11milioni di euro per la sola Wte a fronte di illeciti profitti relativi al periodo di indagine.