Che le zone floride e climaticamente più ospitali possano generare economie virtuose è risaputo. Che invece le aree povere e aride rischino impoverimenti ancora maggiori in caso di criticità climatica è meno scontato. Eppure oggi è tutto quanto misurabile. Grazie alla nuova scienza dell’economia del clima è possibile sviluppare scenari di riferimento per comprendere, dati alla mano, quali prospettive potrebbero nascere nel corso dei prossimi anni. In sostanza, rispetto a una certa condizione iniziale, è possibile verificarne le conseguenze. Da queste premesse è partito il professor Massimo Tavoni, docente al Politecnico di Milano e direttore dell’Eiee (European Institute on Economics and the Environment), per sviluppare una serie di riflessioni che sono state presentate al MIP, la scuola di management del Politecnico, grazie a un’iniziativa promossa e organizzata da Winner Institute.
“Gli anni dal 2014 al 2018 – ha sottolineato lo scienziato, che ha anche collaborato con il premio Nobel William Nordhaus – sono stati i più caldi in assoluto sul pianeta da quando esiste la possibilità di calcolare la temperatura con strumenti indiretti che altre scienze offrono. In particolare, negli ultimi 30 – 50 anni sono aumentate le emissioni di CO2, a causa dell’attività antropica. Se questa tendenza proseguirà, la terra è destinata ad aumentare la temperatura media. A tal punto che si scioglieranno ghiacciai, calotte polari, aumenteranno i livelli del mare”. Le conseguenze di tutto ciò si riverseranno sulle economie delle regioni. In Africa la popolazione è destinata a passare da 850 milioni a circa due miliardi nel corso dei prossimi decenni. Ci saranno tensioni, guerre, migrazioni. In Italia il surriscaldamento genererà nuove povertà al sud. “In sostanza – annuncia Tavoni – il problema climatico aumenterà le diseguaglianze sociali più di altri fattori. E dovremo tenerne conto”.
Al mondo la produzione di CO2 è generata dalle attività produttive e energetiche che coinvolgono direttamente meno di due miliardi di persone. Al mondo esistono altri due miliardi di persone in condizioni di estrema povertà, che non accedono a risorse energetiche e che hanno scarsità di cibo. Si dovrà cercare un nuovo equilibrio tra poteri locali, che spingono verso il miglioramento della parte povera della popolazione con il ricorso a tutte le forme possibili, anche con lo sfruttamento intensivo delle aree agricole per fare posto alle coltivazioni (vedi il caso della foresta amazzonica in Brasile), e esigenze planetarie che impongono una riflessione su modelli di produzione e di consumo.
L’equilibrio è labile, i fattori in gioco sono numerosi e comprendono la tecnologia, la demografia e la politica, discipline dalle quali non si può prescindere. Il mondo più industrializzato sta progressivamente portando gli investimenti verso la produzione di energia sostenibile (prime fra tutte eolico e solare), ma non è sufficiente. Le azioni dovranno avere un approccio sistemico, che solo la multidisciplinarietà potrà garantire. Un intento che Winner Institute promuove su diversi piani, per dare alle imprese e alla società impulsi nuovi, per conoscenze sempre più ampie e metodi sempre più affinati. Come ad esempio è proprio sistemica e multidisciplinare la scienza economica del clima che il Prof. Massimo Tavoni persegue e migliora, di giorno in giorno, con le sue ricerche.