Come ogni anno, il 17 maggio si ricorda la scomparsa del commissario Luigi Calabresi, assassinato nel 1972, a 35 anni, all’uscita dalla propria abitazione di via Cherubini laddove una targa ricorda ancora quei fatti.
La commemorazione ha quindi avuto quindi un momento privato proprio qui al quale hanno preso parte i figli del commissario e la moglie Gemma Capra che ha ricordato il marito mandando un bacio alla sua memoria.
In un secondo momento si è svolta poi la cerimonia pubblica nel cortile della Questura di via Fatebenefratelli dove si trova un busto a lui dedicato.
In questo contesto erano presenti il prefetto di Milano Renato Saccone, il questore Giuseppe Petronzi, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e il vicesindaco Anna Scavuzzo.
A proposito della ricorrenza Fontana ha osservato: “È fondamentale ricordare. Lo è ancora di più quest’anno in cui qualcosa di importante è stato fatto nei confronti di alcuni dei responsabili di stragi”.
La sua riflessione fa riferimento agli arresti avvenuti in Francia lo scorso 28 aprile che hanno riguardato anche Giorgio Pietrostefani, riconosciuto insieme ad Adriano Sofri con cui aveva fondato il movimento di Lotta Continua, tra i mandanti dell’omicidio che fu eseguito materialmente da Ovidio Bompressi ed Edoardo Marino.
All’indomani degli arresti Mario Calabresi, ex direttore di La Repubblica e scrittore, aveva commentato “Oggi è stato ristabilito un principio fondamentale : non devono esistere zone franche per chi ha ucciso. La giustizia è stata finalmente rispettata. Ma non riesco a provare soddisfazione nel vedere una persona vecchia e malata in carcere dopo così tanto tempo”. Per poi aggiungere, subito dopo, di non avere grandi aspettative sul rientro di Bompressi in Italia per finire di scontare la pena.
Chi era Luigi Calabresi
Nato a Roma si era laureato in giurisprudenza nel 1964 salvo poi decidere che la carriera di magistrato non era nelle sue corde rivolgendo la sua attenzione alla Polizia e vincendo, l’anno successivo, il concorso per vicecommissario di pubblica sicurezza. Di lì a pochi anni, Calabresi si trasferisce a Milano dove diventa Commissario capo nel 1968 occupandosi sia delle contestazioni studentesche sia del monitoraggio degli ambienti anarchici di sinistra.
All’indomani della strage di piazza Fontana prese in mano le indagini e fu quello il momento in cui il suo nome si legò alla tragica fine di Giuseppe Pinelli, arrestato all’indomani della strage e precipitato dal quarto piano della questura tre giorni dopo i fatti quando era in attesa di essere interrogato. Contro Calabresi, accusato di essere presente al momento dei fatti, si scatenò una vera e propria campagna mediatica alla quale aderirono anche diversi intellettuali e che culminò in un vero e proprio atto di accusa apparso sull’Espresso nel 1971. Da questo momento Calabresi divenne oggetto di continue minacce che sfociarono nel suo assassinio l’anno successivo.
Nel frattempo le indagini sulla morte di Pinelli esclusero che il commissario fosse presente al momento della morte di Pinelli. Per le indagini sul suo omicidio, invece, l’anno di svolta fu il 1988 quando uno dei due esecutori, Leonardo Marino, decise di pentirsi consegnandosi alla giustizia e facendo luce sul suo complice e sui mandanti. Marino fu quindi condannato a 11 anni di reclusione ma la pena andò prescritta grazie alle attenuanti generiche mentre Bompressi, Pietrostefani e Sofri furono condannati a 22 anni.
In occasione del primo anniversario della morte di Calabresi, mentre era in corso la cerimonia per scoprire il busto a lui dedicato esplose una bomba che provocò la morte di quattro persone e il ferimento di altre cinquantadue.