Lui, ingegnere di Milano di 53 anni, lei, genovese di 41 anni che lavorava a Milano come geriatra, una grande passione in comune per la montagna e l’alpinismo: sono le ultime due vittime del Monte Bianco
Scorrendo i loro account social si vedono scorci splendidi, foto bellissime e due volti affaticati e felici. La loro ultima impresa era stata raggiungere la vetta del Monte Cervino, solo pochi giorni fa. Per Sara Stefanelli era la prima volta.
Andrea Galimberti aveva raggiunto il traguardo in diverse altre occasioni. E i due, insieme, volevano condividere un’ultima grande impresa sul Monte Bianco prima di tornare a casa e chiudere la stagione delle escursioni estive in alta montagna.
Li hanno trovati abbracciati. Sono morti a poca distanza da dove sabato avevano dato l’allarme, sorpresi da una improvvisa bufera. Il loro telefonino non risultava più raggiungibile. E i soccorsi, che per tre volte sono partiti e altrettante volte sono stati costretti a rientrare a causa del maltempo, hanno potuto solo recuperare le loro salme, insieme a quella di altri due escursionisti coreani, anche loro deceduti poche centinaia di metri più in là.
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Andrea Galimberti e Sara Stefanelli sono le ultime vittime di una estate drammatica per gli appassionati di alpinismo e di escursioni in quota. Il bilancio purtroppo è tremendo se si considera anche un’altra vittima e quattro feriti sul Monte Rosa, tutti travolti da una valanga.
Quella di Sara Stefanelli era una passione nata da tempo ma coltivata con ostinazione solo negli ultimi mesi tra corsi, lezioni e allenamenti. Si era tolta la soddisfazione di raggiungere vette importanti. La donna, 41 anni medico di Genova che si era trasferita a Milano, è stata recuperata senza vita dopo tre giorni di ricerche insieme al corpo di Andrea Galimberti, ingegnere 53enne di Milano che aveva deciso di accompagnarla sulla montagna più importante e più amata, il Monte Bianco. Doveva essere una giornata memorabile.
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I loro corpi sono stati ritrovati abbracciati sulla vetta a quota 4500 metri, vicino al Mur de la Cote, un pendio ripido e ghiacciato sul versante francese della montagna. Dopo quattro giorni di attesa straziante, la conferma della loro morte ha posto fine alle speranze delle famiglie, che avevano confidato in un miracolo.
Sara Stefanelli era un medico. Si era laureata a Genova specializzandosi in gerontologia. A Nervi, la conoscevano tutti per il suo impegno professionale, all’istituto Don Orione, ma anche per le sue passioni sportive che condivideva insieme alla sorella gemella Silvia, fisiatra. Allenatissima, preparata, scrupolosa, Sara aveva frequentato un corso di alpinismo dedicando tutto il proprio tempo libero alla cura di questa sua nuova passione. E in Andrea Galimberti, ingegnere milanese di 53 anni, alpinista esperto con ore e ore di montagna sulle spalle, fondatore del Green Rock Alpine Club, aveva trovato un maestro e un complice.
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Andrea Galimberti, impegnato nella gestione di un’azienda di famiglia a Cabiate, era un abitudinario di scalate e rifugi. Una persona molto stimata e rispettata. Martedì scorso avevano scalato insieme il Cervino, documentando l’impresa con alcune splendide immagini e una lunga testimonianza scritta. Oggi, sotto i complimenti e le felicitazioni di amici e appassionati, compaiono moltissimi messaggi addolorati e di cordoglio.
L’allarme è scattato scorso sabato, quando Sara e Andrea hanno lanciato un disperato SOS alle squadre di soccorso: ‘Venite a prenderci, rischiamo di congelare’. Il loro ultimo segnale GPS li collocava a 4.500 metri di altitudine, in una delle aree più pericolose del Monte Bianco, nota per i suoi pendii ghiacciati e le condizioni meteorologiche estreme. Poi da quel momento, il silenzio.
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Per quasi 70 ore, le famiglie e gli amici hanno sperato in un miracolo, ma il tempo non era dalla loro parte. Le condizioni meteo proibitive sono ulteriormente peggiorate, con temperature in picchiata fino a -15 gradi e venti che soffiavano a oltre 150 chilometri orari. Impossibile per gli elicotteri decollare. Inaccessibile la montagna sia dal versante italiano che da quella francese.
Le operazioni di recupero sono ripartite ieri quando ormai le speranze di trovarli ancora in. Vita erano davvero minime. Numerose le squadre di soccorso, con il supporto degli elicotteri della gendarmeria di Chamonix e Annecy. Il comandante della gendarmeria di alta montagna di Chamonix, Etienne Rolland, ha spiegato che la coppia è stata colta di sorpresa da un improvviso peggioramento del tempo e si è ritrovata senza riparo.
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Le salme sono state trasportate a Chamonix, ponendo fine a una ricerca drammatica che aveva coinvolto diverse squadre di soccorso, sia italiane che francesi. In alta quota, le condizioni erano estremamente difficili: almeno 50 centimetri di neve fresca si erano accumulati nei giorni precedenti, seppellendo le tracce dei ramponi e aumentando il rischio di valanghe.
Quando i soccorritori hanno finalmente raggiunto Sara e Andrea, li hanno trovati uno nelle braccia dell’altro, probabilmente nel tentativo di proteggersi dal freddo estremo. Questo dettaglio straziante suggerisce che, nonostante la consapevolezza dell’imminente tragedia, i due alpinisti abbiano cercato fino all’ultimo di trovare un modo per sopravvivere. Si ipotizza che siano morti per assideramento già sabato scorso, nel mezzo di una violenta bufera che li ha sorpresi durante l’ascesa.