Lo hanno fermato all’aeroporto della Malpensa dove era arrivato per qualche giorno di vacanza, ma gli operatori lo hanno riconosciuto dalle foto segnaletiche internazionali, era un pericolo hacker cinese accusato di spionaggio
Doveva venire in vacanza in Italia. E secondo il racconto di chi lo ha fermato è sembrato molto sorpreso che qualcuno lo avesse davvero riconosciuto. Ora è in carcere con diverse accuse internazionali in attesa di essere estradato negli Stati Uniti.
Secondo i documenti si chiama Xu Zewei, ha 33 anni è e un passaporto cinese. Ma è un hacker di fama consolidata, segnalato da FBI e Interpol, e le sue identità false potrebbero essere molteplici.
Gli agenti di frontiera italiani lo hanno arrestato all’aeroporto di Milano Malpensa su mandato di cattura internazionale emesso dalle autorità statunitensi. L’uomo, secondo quanto ricostruito dalla polizia italiana in collaborazione con l’FBI, è sospettato di essere coinvolto in una vasta operazione di cyber-spionaggio legata allo sviluppo dei vaccini anti-Covid, avviata nel pieno della pandemia.
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L’arresto è avvenuto non appena Xu è atterrato in Italia, dove si trovava per motivi turistici. Le autorità italiane hanno dato esecuzione al mandato emesso dal tribunale del distretto sud del Texas, che contesta all’uomo gravi reati informatici, tra cui frode telematica, accesso non autorizzato a sistemi protetti, furto di identità aggravato e associazione per delinquere.
Secondo l’FBI, Xu Zewei sarebbe legato al gruppo hacker noto come Hafnium, già accusato in passato di condurre attacchi informatici contro istituzioni e aziende statunitensi. In particolare, l’uomo è sospettato di aver partecipato a un’azione contro l’Università del Texas nel 2020, volta a sottrarre informazioni sensibili sui protocolli di ricerca e sviluppo dei vaccini anti-Covid.
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Tra i dati trafugati ci sarebbero codici sorgente, rapporti clinici, brevetti e dati personali di ricercatori coinvolti nei trial. L’attacco sarebbe avvenuto sfruttando vulnerabilità dei server Microsoft Exchange, e l’indagine del Bureau avrebbe individuato Xu come uno degli esecutori materiali dell’accesso ai server compromessi.
Xu, per mezzo del suo legale italiano, avrebbe negato ogni adebbito. Secondo la difesa, il 33enne lavora come tecnico informatico per una societĂ con sede a Shanghai e si trovava in Italia per una semplice vacanza con la moglie.
Tuttavia, il tribunale di Milano ha convalidato l’arresto e disposto la custodia cautelare in carcere, evidenziando il rischio concreto di fuga e l’entità delle accuse. La giudice Veronica Tallarida ha inoltre autorizzato il sequestro del cellulare dell’uomo, al fine di verificarne i contenuti informatici e acquisire eventuali prove a supporto delle accuse mosse dagli Stati Uniti.
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L’udienza per l’eventuale estradizione è prevista nei prossimi giorni presso la Corte d’Appello di Milano. Le autorità statunitensi, secondo quanto trapela, hanno già inviato richiesta formale per il trasferimento di Xu sul loro territorio, dove potrebbe affrontare una condanna fino a vent’anni di reclusione.
Il caso assume una rilevanza geopolitica significativa: negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno accusato piĂą volte la Cina di promuovere o tollerare attivitĂ di spionaggio industriale nel campo della ricerca biotecnologica e farmaceutica. Episodi come questo alimentano la tensione tra Washington e Pechino sul fronte della cybersicurezza e del controllo sulle tecnologie emergenti.
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Il gruppo Hafnium, cui sarebbe collegato Xu, è già stato indicato dal Dipartimento di Giustizia americano come responsabile di precedenti campagne di spionaggio, tra cui attacchi al sistema sanitario americano e all’infrastruttura IT delle università durante il periodo più critico dell’emergenza pandemica.
Se le accuse nei confronti di Xu saranno confermate si tratterebbe di uno dei casi piĂą gravi di spionaggio scientifico legato al Covid-19 con implicazioni dirette per la sicurezza sanitaria e la protezione della ricerca europea e statunitense.
Xu resta al momento detenuto a Busto Arsizio in attesa di giudizio: la giustizia italiana dovrà ora valutare le condizioni per l’estradizione e la fondatezza del mandato, in un quadro giuridico estremamente delicato e osservato a livello internazionale.