La Procura di Milano ha indagato l’avvocata Alessia Pontenani e altre sei persone per presunti falsi e favoreggiamenti legati al caso di Alessia Pifferi, secondo l’accusa ci sarebbe stato un piano per simulare un ritardo mentale della donna
La Procura di Milano ha concluso un’indagine complessa che vede coinvolte sette persone, tra cui anche l’avvocata Alessia Pontenani, legale della 39enne Alessia Pifferi, condannata all’ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di soli 18 mesi.
Secondo l’accusa, gli indagati avrebbero orchestrato un piano per far credere che Alessia Pifferi fosse affetta da un grave ritardo mentale, con l’obiettivo di influenzare il processo e ottenere una riduzione della pena.
Alessia Pifferi, le accuse coinvolgono l’avvocata
Le accuse, messe nero su bianco dal pubblico ministero Francesco De Tommasi, includono vari reati che vanno dal falso in atto pubblico al favoreggiamento e alla falsa testimonianza. Sotto la lente della magistratura anche la condotta di alcune psicologhe operanti nel carcere di San Vittore e del consulente della difesa, lo psichiatra Marco Garbarini.
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Secondo l’inchiesta, l’avvocata Pontenani e il consulente Marco Garbarini avrebbero messo in atto un “piano precostituito” per aiutare Alessia Pifferi a simulare comportamenti e atteggiamenti che facessero credere ai periti di Corte d’Assise che fosse “…quantomeno parzialmente incapace di intendere e volere”.
Test manipolati
In particolare, la Procura contesta il falso utilizzo del test di Wais, i cui risultati sarebbero stati manipolati per far risultare un quoziente intellettivo di 40 punti, associato dunque a un grave deficit mentale. Secondo il pubblico ministero, il test non era necessario e sarebbe stato somministrato solo per costruire una base documentale utile alla difesa.
Indagini anche sul carcere di San Vittore
La Procura ha indagato anche sul ruolo di alcune psicologhe in servizio presso il carcere milanese di San Vittore. L’accusa della procura di Milano ipotizza che le professioniste abbiano alterato documenti ufficiali e falsificato le relazioni cliniche per sostenere la strategia difensiva di Alessia Pifferi.
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Secondo gli inquirenti, le psicologhe avrebbero attestato falsamente che la detenuta fosse a rischio di atti anticonservativi e incapace di intendere e volere, nonostante apparisse “lucida, orientata e nel pieno possesso delle sue facoltà mentali”.
Le dichiarazioni dell’avvocata di Alessia Pifferi, Alessia Pontenani
L’avvocata Alessia Pontenani, principale indagata, ha definito l’inchiesta una grave interferenza nell’attività difensiva. “Gli avvocati non sono più liberi di assistere i propri clienti senza rischiare di finire sotto processo?”, ha dichiarato la legale, sottolineando che le accuse arrivano pochi giorni prima dell’inizio del processo d’appello fissato per il 29 gennaio.
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La legale ha ribadito che la sua unica intenzione era garantire una difesa adeguata alla sua assistita. Tuttavia, la Procura sostiene che ci sia stata una volontà deliberata di ingannare la Corte d’Assise attraverso una strategia pianificata nei minimi dettagli.
Il ruolo di Marco Garbarini
Tra gli indagati figura anche lo psichiatra Marco Garbarini, consulente della difesa. Secondo le accuse, Garbarini avrebbe fornito istruzioni dettagliate ad Alessia Pifferi su come simulare disturbi psichici durante i colloqui e le valutazioni psichiatriche. In una delle intercettazioni raccolte dagli inquirenti, Pifferi avrebbe ammesso di essere a conoscenza del piano.
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La difesa dello psichiatra respinge le accuse, definendo l’indagine un tentativo di “criminalizzare il diritto alla difesa”.
Le testimonianze chiave sull’avvocata di Alessia Pifferi
Tra gli elementi chiave dell’inchiesta figurano le dichiarazioni di Tiziana Morandi, nota come la “Mantide della Brianza”, che condivise la detenzione con Alessia Pifferi.
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La Morandi ha riferito che l’avvocata avrebbe suggerito alla sua assistita di “fare la scema” per ottenere una diagnosi di infermità mentale.
Pontenani ha contestato l’attendibilità della testimone, definendola poco credibile e accusandola di voler strumentalizzare la situazione a proprio vantaggio.
Il 29 gennaio l’Appello
Il processo d’appello di Alessia Pifferi inizierà il 29 gennaio presso la Corte d’Assise d’Appello di Milano. La difesa intende richiedere una nuova perizia psichiatrica, ma l’inchiesta in corso potrebbe influire sulle decisioni della Corte e sulla nomina di nuovi consulenti.
Le accuse contro gli indagati, se confermate, potrebbero aprire scenari significativi non solo sul caso specifico, ma anche sul ruolo e sui limiti dell’attività difensiva all’interno del sistema giudiziario italiano.