Svolta clamorosa nelle indagini per la tragica morte di Fabio Ravasio, il ciclista ucciso il 9 agosto scorso in quello che sembrava l’investimento da parte di un’auto pirata
Sei arresti, e un’accusa pesantissima che apre nuovi scenari investigativi e giudiziari sulla morte di Fabio Ravasio, il ciclista ucciso da un’auto pirata a Parabiago il 9 agosto scorso.
I Carabinieri della Compagnia di Legnano, su disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Busto Arsizio, hanno svelato un piano criminale alla base dell’investimento. Ravasio è stato ucciso.
L’omicidio di Fabio Ravasio, che almeno inizialmente sembrava essere stato causato da un incidente stradale, è invece un vero e proprio omicidio premeditato, orchestrato per motivi di carattere economico.
In una sorprendente svolta investigativa, i Carabinieri della Compagnia di Legnano hanno arrestato sei persone. Sono cinque uomini e la compagna della vittima. Il movente del delitto, secondo gli inquirenti, sarebbe legato a “finalità di carattere patrimoniale”. L’accusa per tutti è quella di concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione
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L’operazione è stata condotta sotto la direzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Busto Arsizio, che ha emesso il decreto di fermo nei confronti dei sospettati.
In breve la sintesi dell’omicidio e di quanto accaduto. Il 9 agosto scorso, Fabio Ravasio – 52 anni, residente a Parabiago, cicloamatore molto conosciuto in città – stava percorrendo via Vela in direzione Casorezzo, in sella alla sua mountain bike, quando intorno alle 19.50 è stato violentemente investito da un’auto che viaggiava in direzione opposta. Il veicolo, dopo aver invaso la corsia opposta, ha travolto Ravasio, provocandone la caduta e ferite fatali.
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Un urto frontale, violentissimo. Ravasio è volato a terra a diversi metri di distanza con un impatto a terra terrificante mentre l’auto che aveva causato l’incidente si era data alla fuga.
Subito dopo l’incidente alcuni testimoni oculari che avevano seguito tutta la scena, avevano indirizzato le indagini verso una vettura di colore nero, che, a seguito dell’impatto, aveva riportato danni molto evidenti. I Carabinieri avevano raccolto descrizioni piuttosto accurate della vettura che era fuggita con danni alla carrozzeria e un faro rotto.
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È stata proprio la ricostruzione dei passanti oltre a un’attentissima analisi delle immagini provenienti dalle telecamere di videosorveglianza della zona, a evidenziare il modello dell’auto. Ma anche la sua targa. Che i Carabinieri hanno evidenziato fosse contraffatta.
Un quadro investigativo estremamente complicato che ha offerto diverse opzioni e numerosi scenari. Uno dei quali almeno inizialmente sembrava assolutamente inverosimile. Quello dell’omicidio premeditato…
E invece gli investigatori hanno iniziato un lunghissimo lavoro di ricerca incrociato tra auto di quel colore e quel modello e targhe simili a quella alterata. Questa è stata la prima svolta. Perché uno dei riscontri portava a una persona del posto, che conosceva la vittima.
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A questo punto, le indagini si sono focalizzate sul cerchio di conoscenze della vittima. Una complessa attività investigativa ha permesso di raccogliere prove decisive che hanno portato a una conclusione sconvolgente: la morte di Fabio Ravasio non era stata causata da un incidente stradale, ma da un atto intenzionale, premeditato e organizzato con cura. Un omicidio premeditato.
Nella serata del di oggi, alcuni dei sospettati sono stati convocati presso gli uffici della Procura della Repubblica di Busto Arsizio. E a uno a uno, durante gli interrogatori, gli indagati hanno confessato, fornendo dettagli cruciali sull’organizzazione dell’omicidio. Hanno delineato i ruoli specifici svolti da ciascuno di loro nella pianificazione e nell’esecuzione del crimine, indicando che il movente principale era di natura economica.
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Restano da capire le responsabilità di ognuna delle persone coinvolte in questo sconvolgente fatto di cronaca che in qualche modo riporta a un altro fatto molto simile, avvenuto pochi giorni fa a Pioltello, dove un ragazzo di 27 anni, Alexander Reyes, è stato investito da un auto pirata. Ma gli inquirenti non escludono che anche dietro questo episodio ci possa essere una premeditazione, scatenata da una lite avvenuta poco prima dell’incidente.
Le confessioni hanno portato al ritrovamento dell’auto utilizzata per investire Ravasio, che era stata nascosta nel garage di uno degli arrestati, in un tentativo di occultare le prove.
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Dopo l’emissione del decreto di fermo, i sei individui sono stati trasferiti in carcere di Busto Arsizio, dove rimarranno a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. Nelle prossime ore il giudice per le indagini preliminari procederà alla convalida degli arresti e ai primi interrogatori individuali.
Fabio Ravasio era socio dellìagenzia Mail Boxes di Magenta, viveva a Parabiago con la moglie e due figli piccoli, ma lavorava a Magenta da tantissimi anni ed era conosciuto un po’ da tutti. Si occupava di spedizioni nazionali e internazionali, fax, fotocopie, articoli per ufficio e molto altro.
Grande appassionato di sport, in negozio aveva appeso la foto che lo ritraeva all’arrivo della maratona di New York, una delle sue grandi passioni, e molte foto con i giocatori del Milan, la sua squadra del cuore. Era un ottimo sportivo, appassionato di tennis, ciclismo e corsa. Ogni giorno dedicava almeno un paio d’ore ai suoi allenamenti e in particolare alla mountain bike. Ravasio ha lasciato la moglie e due figli piccoli.