Si è tolto la vita nel carcere di Busto Arsizio, il 64enne Vito Clericò, condannato all’ergastolo per l’omicidio della promoter 58enne Marilena Rosa Re.
I fatti risalivano al 2017 quando la donna, sua conoscente, aveva chiesto a Clericò e alla moglie di custodire in casa loro una somma di denaro che poi avrebbe chiesto indietro in seguito.
In un primo momento l’uomo si era dichiarato estraneo all’omicidio dando la colpa della scomparsa a una terza persona.
Da un sopralluogo della Polizia Scientifica in casa sua, però, l’utilizzo del luminol aveva evidenziato tracce di sangue nel bagno e, in particolare, nella vasca, in una parte della doccia e in uno straccio che era appoggiato vicino alla vasca. Inoltre, erano stati trovati dei pantaloni, probabilmente di Clericò, al cui interno c’erano due paia di guanti in lattice con altre tracce ematiche.
Gli interrogatori si erano susseguiti e dopo altrettanti cambi di versione, l’uomo aveva ammesso l’omicidio dicendo che il corpo si trovava sepolto nel suo giardino mentre la testa era stata gettata altrove. Il ritrovamento era stato possibile solo seguendo le indicazioni che lui stesso aveva fornito.
L’autopsia aveva poi svelato un particolare accanimento sul corpo, con ripetuti colpi alla testa e un tentativo di ricoprirlo di calce, motivo per il quale l’uomo era stato condannato con le accuse di omicidio aggravato dalla premeditazione, dalle sevizie e dalla crudeltà oltre a vilipendio e occultamento di cadavere.
Secondo quanto si è appreso, a dare l’allarme sarebbe stato il compagno di cella che non vedendolo tornare dal bagno comune aveva pensato a un malore. All’arrivo dei soccorsi, Clericò è stato trovato già senza vita per aver ingoiato pezzi di sacco della spazzatura fino a soffocare.
L’uomo avrebbe lasciato una lettera nella quale spiegava il suo gesto criticando l’operato della giustizia.
In precedenza si era lamentato in diverse occasioni per il trattamento ricevuto in carcere.