Il 2021 segna un compleanno importante per uno dei film più rappresentativi del Neorealismo: “Miracolo a Milano” girato da Vittorio De Sica nel 1951.
Lo scorso martedì, la Cineteca di Milano e lo spazio Meet hanno organizzato una giornata di proiezione della pellicola, seguita dalla presentazione di un saggio, a più voci, che ricostruisce la genesi del film così come la Milano di quegli anni, alle prese con la ricostruzione post bellica, la povertà di tanti, l’esclusione di molti.
Ho trovato molto interessante il dibattito animato da Gianni Biondillo, architetto e vincitore di un Premio Scerbanenco, Matteo Pavesi, direttore della Cineteca di Milano, Enrico Nosei, sempre della Cineteca e Giovanna Rosa, autrice di uno dei saggi del volume, edito da EuroMilano. Grazie alla collaborazione con il Sistema bibliotecario milanese, il libro sarà disponibile anche in formato elettronico e potrà essere liberamente consultato.
Per la trama di Miracolo a Milano, che si può vedere su You Tube, vi rimando all’articolo che gli abbiamo dedicato, a firma di Joe Denti nella rubrica Sentieri di Celluloide.
Questo articolo vi racconta qualche aneddoto sulla pellicola, emerso nel corso del ricco racconto che è stato fatto:
Cominciamo dal titolo che doveva essere, in origine, “I poveri disturbano”. All’epoca, però, fu ritenuto sconveniente da un giovane sottosegretario allo spettacolo che di nome faceva Giulio Andreotti. Mettere l’accento sui “poveri”, fu la sua argomentazione, dava un’immagine negativa di un paese che si stava rialzando, anche grazie ai soldi del Piano Marshall. Quelli che De Gasperi, alla conferenza di Parigi, dopo la fine del conflitto, era riuscito, con non poca fatica, a far arrivare all’Italia, nonostante avessimo perso la guerra e fossimo stati, insieme alla Germania, il paese che l’aveva scatenata;
La Milano degli anni ’50 era una città in fermento, aperta alla novità, soprattutto cinematografica. Se Roma aveva Cinecittà, Milano contava diversi studi di produzione che attirarono quindi De Sica e il suo sceneggiatore, Cesare Zavattini. Milano era anche la città delle occasioni, per chi di Milano non era. E infatti De Sica, originario di Sora (Frosinone) viveva stabilmente a Roma così come Zavattini che era nato in Emilia. Entrambi cercavano un’occasione per realizzare un film e la trovarono a Milano che fece così il Miracolo;
La scena finale: senza rovinare la visione, si parla di persone che volano. Ebbene, quella stessa scena, ha ispirato Steven Spelberg per il volo delle biciclette in E.T. l’extra terrestre. Questo perché, “Miracolo a Milano” è uno dei pochi film italiani conosciuti all’estero, specie nella mecca del Cinema. Sempre la stessa scena è stata poi oggetto di una curiosa forma di censura con relativo taglio della sequenza, sia in Italia sia oltre la Cortina di Ferro. La sequenza incriminata, infatti, nei paesi occidentali mostrava le persone che andavano verso destra, idealmente verso il blocco comunista. Per effetto di un montaggio diverso, nei paesi dell’Est, il volo andava verso sinistra e quindi verso “il male”, dal loro punto di vista;
L’uscita del film “Miracolo a Milano” non fu accompagnata da recensioni entusiaste. Tra le poche, una apparteneva a un giovane giornalista colombiano che scriveva di critica cinematografica. Aveva conosciuto Zavattini al Centro Sperimentale di cinematografia di Roma e lo ammirava al punto da chiedergli, dopo anni di amicizia, il basco nero che portava d’abitudine. Quell’oggetto lo ha accompagnato nel suo ultimo viaggio. Quel giornalista si chiamava Gabriel García Márquez.
Le ultime due perle di quella serata sono stati due cortometraggi che hanno aiutato i presenti a capire come si viveva e come era la Milano del 1951: “Barboni” (1946) di Dino Risi e “Bambini in città”, dello stesso anno, di Luigi Comencini.