In una lunga intervista a Milano City Rumors, Massimo De Luca racconta diversi aspetti legati allo sport e alla narrativa, parlando anche di social e reality, di Olimpiadi e di stadi
Massimo De Luca, una vita a raccontare lo sport tra RAI e Mediaset, tra Domenica Sportiva e Pressing, creando format che resistono ancora oggi, ha una convinzione: “…che lo sport sia ancora un messaggio formidabile, istruttivo e popolare come nessun’altro. E che la narrativa legata allo sport sia qualcosa che rende chi ha fatto per tutta la vita un mestiere come il mio, un privilegiato”.
Ospite a Ponte di Legno della rassegna Una montagna di cultura…la cultura in montagna curata da Pro Loco, Biblioteca e Mirella cultura, Massimo De Luca presenta il suo monologo Potevo battere Kennedy a golf, un viaggio tra sport, politica ed evoluzione sociale in quattro episodi all’interno dei quali si incastonano decine di altri fatti e racconti.
Sullo schermo foto storiche, filmati rarissimi. In uno di questi John Fitzgerald Kennedy attraversa un green insieme alla moglie Jacqueline e due dei tre figli piccoli. È un frammento privato, parte della collezione di famiglia del presidente, di un suo allenamento con il leggendario Arnold Palmer, uno dei giocatori più forti di sempre. Castro avrebbe voluto battere Kennedy e risolvere sul campo da golf una questione politica che voleva diventasse mediatica. Ma pochi giorni dopo quel video Kennedy sarebbe stato tragicamente ucciso a Dallas.
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È uno dei quattro episodi che De Luca usa per raccontare un mondo profondamente cambiato e in bianco e nero. La vittoria della prima Davis italiana nel Cile del dittatore Pinochet. La leggendaria partita di pallanuoto tra URSS e Ungheria che seguì l’invasione sovietica a Budapest, con i carri armati in piazza.
Lo sport è un pretesto per costruire storie e narrativa di forza formidabile. Dietro le immagini di Kennedy che gioca a golf c’è la contro-storia di Che Guevara e Castro… “Ci sono foto che sono entrate nella storia, scattate dal fotografo ufficiale del regime cubano, che illustrano Che Guevara e Castro che giocano a golf. La stessa immagine che è stampata su magliette e striscioni. Se Kennedy giocava a golf discretamente Castro, che era la sua nemesi, avrebbe preteso di fare altrettanto lanciando una sfida ipotetica che non si realizzò mai… Ma di golf non sapeva nulla”
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Perché lo sport è ancora un messaggio così forte? “Perché a dispetto di quelli che chiamano reality, che io vorrei non fossero mai nati, lo sport è l’unico vero reality. Il reality è una recita di gente che sa benissimo che ci sono le telecamere. Lo sport invece è straordinariamente reale: nelle sue vittorie, nelle sue sconfitte. Le tensioni, le aspirazioni, le ambizioni spesso frustrate e i gesti tecnici, così come le reazioni emotive nello sport sono tutte reali. Lo sport non è meglio e non è peggio del mondo reale. Lo sport è il mondo reale. Lo sport non è un’isola felice: ma un’espressione straordinariamente rappresentativa della collettività…”
La nostra intervista esclusiva a Massimo De Luca
Il reality non gli piace. I social con eccessi comunicativi e verbali anche meno… “I social hanno consentito a un sacco di persone di parlare e di dire quello che pensano. Tutti sanno tutto e parlano di qualsiasi cosa. La realtà è che tutti parlano di Sinner solo perché lo hanno visto vincere e perché fa traffico. Diversamente non ne parlerebbe nessuno. E molti che ne parlano non sanno nemmeno di cosa stanno parlando. I social scatenano tempeste in un bicchier d’acqua per il gusto di qualcuno di parlare e giudicare. Ma i contenuti sono un’altra cosa”.
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Durerà molto questa fase così plateale che garantisce ben più di 15’ di popolarità a chi alla fine vuole solo guadagnare una platea con ben pochi meriti? “È una fase, come molte altre ne abbiamo attraversate. Penso che alla fine la gente sia in grado di capire, di farsi un’idea. Magari inizialmente si incuriosisce e vive di stomaco le nostre passioni più forti, come il calcio. Qui da noi è ancora il massimo vincere al 90’ con un autogol. Ma lo sport è un’altra cosa. Lo sport è la storia di un grandissimo tennista tedesco che negli ‘30 ammette un colpo irregolare, perde la semifinale di Coppa Davis e finisce per essere perseguitato dal regime nazista…”
Quel tennista era Gottfried Von Cramm, alto, biondo, splendidamente ariano secondo gli schemi di Göring. Ma segretamente omosessuale…
Le imminenti Olimpiadi di Milano-Cortina suscitano un giudizio divergente in Massimo De Luca… “Abbiamo la ragionevole certezza che possa andare bene perché siamo italiani e quindi siamo bravissimi nelle emergenze: però fa un po’ rabbia pensare che dobbiamo sempre aggrapparci a questa nostra straordinaria capacità di governare l’ingovernabile e gestire i momenti difficili per cavarcela. Credo che alcune scelte non siano state né giuste né oculate, parlo soprattutto della pista da bob. Ma un evento così che coinvolge diversi territori e molte amministrazioni, è un equilibrismo politico dove tutti tirano acqua al proprio mulino. A mio modestissimo parere queste cose non vanno bene”.
Simbolo delle Olimpiadi è San Siro. Finiti i giochi finirà anche lo stadio? “L’iper professionismo nel quale ormai vive il calcio ha bisogno di aspetti esclusivamente finanziari. Lo stadio per un club di calcio è la proprietà per eccellenza. Ma la realtà dei fatti è che purtroppo in tutto il mondo ci sono ormai stadi molto migliori dei nostri. Qui non esistono più i presidenti mecenati di un tempo. Ma fondi e finanziarie, realtà impersonali che guardano solo ed esclusivamente al conto economico… Non credo che San Siro faccia parte delle loro priorità…”