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L’approfondimento: l’informazione di Milano che ha fatto scuola

Il giornalismo di Milano e a Milano fu una scuola e una fucina di caratteri, per così dire: forti. Soggetti coriacei , con venature non esattamente orientate dalla cordialità, tuttavia in grado di fare scuola (e che scuola!) sul modo d’intendere il mestiere. Faremo qui qualche esempio.

Sul fatto che Nino Nutrizio (1911-1988) fosse un giornalista spigoloso non vi fu dubbio alcuno. Era il direttore de “La Notte” un quotidiano del pomeriggio voluto da Carlo Pesenti, un industriale al quale stavano a cuore i propri affari al punto di finanziare il giornale, per contribuire (e non poco) alla campagna elettorale in favore del fronte conservatore. Anni, 1952-53. Tuttavia, il successo de “La Notte”non andava attribuito alla sua linea politica, dietro la quale albeggiavano comunque i gagliardetti del sorgente neofascismo milanese, bensì per l’immediatezza e la folgorante esplosione dei titoli, rigorosamente a sette colonne. Materia privilegiata: la cronaca nera.
Se poi questa si intrecciava con la politica se ne raccoglieva il grasso colante. Pietro Valpreda diventò “Il dinamitardo riconosciuto…” Lo si leggeva nel sommario del quotidiano, dopo pochi giorni dalla strage del 12 dicembre del 1969 alla Banca dell’Agricoltura. Un modo di fare giornalismo assai spregiudicato ma fortemente efficace, con conseguente tiratura e vendite da migliaia di copie. Del resto, pubblicare storie su assassini (veri o presunti) in ornamento alle aperture dei giornali era il malcelato sogno di tutti i direttori del tempo e forse di qualcuno di quelli del giorno d’oggi. Il cinema ce ne fornisce un’esemplare campione con Marco Bellocchio, “Sbatti il mostro in prima pagina” del 1972.

Parlando del quotidiano di Nutrizio, abbiamo voluto estremizzare un’immagine dei modelli presenti, a Milano, tra la fine dei ’50 e in tutti gli anni ’60. Certamente la maggiore sobrietà e i minori affanni dei titoli del Corsera, a loro volta, non occultavano del tutto la voglia d’inseguire il clamore della notizia. Restano, in ogni caso, l’accreditata e universalmente riconosciuta professionalità e il rigore dei giornalisti del quotidiano di via Solferino.

Un altro aspetto che vorremmo sottolineare era la larga presenza dei giornali sportivi. Alla sempre eterna ”Gazzetta dello Sport” si affiancavano fogli legati alla Milano calcistica. Già nelle edicole dai primi anni del dopoguerra, il settimanale “Milan Inter” diventava un mantra per tutti i gli appassionati di entrambe le sponde. Tra l’altro aveva introdotto la novità grafica, a colori, alternando la testata con l’azzurro e il rosso, in omaggio alle due squadre della città. I contenuti, fortemente connotati, non lasciavano spazio ad analisi sofisticate. Non è difficile immaginare la trasposizione, al giorno d’oggi, osservando le trasmissioni televisive i cui protagonisti potremmo definire: “tifosi con il microfono”.
Cionondimeno, “Milan Inter” era ricco di interviste a caldo (usciva il lunedì) e dedicava spazio notevole ai campionati giovanili di Milano e provincia.

Di gran lunga il più divertente restava comunque il “Guerin Sportivo”. Nato a Torino ma a Milano, per circa vent’anni, è stato il settimanale più seguito. Su tutti ha campeggiato il periodo in cui vi ha lavorato Gianni Brera (1911-1992) prima come collaboratore, poi assurto alla direzione. A parte la dicitura di testata, ove si definiva “settimanale di cultura e politica sportiva” le sue pagine si sono arricchite, negli anni ’60, dalle polemiche suscitate dallo stesso Brera. Amico e ammiratore di Nereo Rocco e del suo modulo all’italiana, divenne (calcisticamente) nemico giurato di Gianni Rivera. Oltre alla oramai nota definizione di “abatino” ricordiamo Brera in un sarcastico commento, quando identificò il golden boy del Milan come “un grande giocatore di amichevoli”. L’aver provocato una battaglia di parole contro i riveriani più accreditati gli costò l’ostilità di larga parte del pubblico rossonero. In soprannumero anche un’aspra litigata, passata per le vie di fatto, nientemeno tra i banchetti di legno, nella tribuna stampa di San Siro. Fu quando Gianni Brera, per rispondere a uno schiaffo, stese Gino Palumbo con un 1-2 da consumato boxeur. Palumbo, allora alla “Gazzetta” amava la tecnica di Rivera. Brera definiva il collega con un dispregiativo: “esponente della scuola napoletana” sottintendendo che “quelli non capivano nulla di calcio”. Ebbe a dire, Indro Montanelli: “… per fortuna che i duelli sono passati di moda, altrimenti Brera sarebbe costretto a tirate di scherma tutto il tempo…” Insomma, polemiche e tiratura andavano di pari passo. Purtuttavia, allora, la qualità dei duellanti era assai elevata e pertanto doppiamente godibile, poiché il confronto avveniva tra dei maestri. Aggiungeremmo che Gianni Brera fu un antesignano del giornalismo sportivo, inteso come comprensione della tecnica. Nel gioco del calcio o in altre discipline. “Un giornalista è un divulgatore e deve sapere di che cosa sta parlando se vuole spiegarlo ai lettori” Ci piacerebbe tanto vederlo oggi, in televisione, alle prese con giovani colleghi che discettano sul fuorigioco millimetrico o sull’ammonizione mancata.

Potremmo chiudere qui ma non prima di aver fornito un altro esempio di informazione nell’area milanese. Quella televisiva. Non della Rai, vorremmo scrivere, bensì di TRM2(TeleRadio Milano2).


Veniva da un’impresa voluta da alcuni esponenti del giornalismo di sinistra milanese. In particolare vi era un forte collegamento con la redazione de “l’Unità” con sede nello stabile lungo Viale Fulvio Testi. Fu la prima tv “privata” ad avere un telegiornale. Vi collaboravano redattori de “l’Unità” e diventarono un modello, poi copiato da altri. Contrariamente a quanto si possa pensare, i vertici di via Botteghe Oscure, sede nazionale del PCI, osteggiarono duramente questa esperienza non considerandola degna di contribuire alla propaganda di partito. Una colossale miopia. Inoltre in quella redazione si sviluppò un grosso lavoro legato alla diffusione sportiva e musicale. Frutto di felici intuizioni. Si potevano vedere (in differita) le cronache della gare di calcio, con la voce di, Giuseppe Abertini, apprezzato telecronista della TV Svizzera Italiana. Speciale e all’avanguardia anche la trasmissione settimanale, condotta prima da Franz Di Cioccio e poi da Fabio Treves, dove la musica rock, pop e blues, veniva proposta con i primissimi videoclip e con le esibizioni dal vivo di band chiamate in studio. Raccontati così, quelli che abbiamo tracciato parrebbero solo aneddoti. Viceversa, abbiamo parlato di capacità e valori a tutt’oggi replicati. Anche se con diversa e più proficua fortuna.