Netflix in tribunale. A ribellarsi sono attori e doppiatori stanchi degli accordi presi con il colosso dello streaming: gli scenari.
Netflix in bilico, soprattutto in Italia. La piattaforma dello streaming non sta passando una bella situazione. Il motivo sono gli accordi con le maestranze della Settima Arte. Il dispositivo e, quindi l’azienda, non è altro che una vetrina (che funge anche da distributore e mezzo produttivo) costretta a interfacciarsi con gli addetti ai lavori del settore.
Attori, doppiatori e tecnici. Coloro, in altre parole, che rendono il cinema possibile. Gli accordi di usufrutto sulle opere, però, non vanno più bene: Netflix paga poco, questa sembrerebbe essere la ragione che ha portato l’azienda al centro di un’aspra diatriba legale con “Artisti 7607”.
Associazione che tutela attori e artisti nella propria interezza a cui sono iscritti molteplici celebrità italiane. A portare Netflix in tribunale, infatti, tra gli altri, ci sono Neri Marcorè – di recente al cinema con Zamora, un film ambientato interamente a Milano – Valerio Mastandrea ed Elio Germano. Anche tanti della scuola milanese, come Albanese, Bisio e Storti. Sia Bebo che Giovanni.
Pur non essendo tutti iscritti all’Associazione, sposano la causa per rimettere al centro delle trattative gli equilibri socio-economici di base. Il problema dove sta? Nell’accordo sulla trasmissione e ripubblicazione delle opere. Ad esempio, “L’Isola delle Rose” è un film Netflix. Produzione originale.
L’opera è stata trasmessa e ha avuto successo. In seconda battuta gli attori e i tecnici prendono una percentuale relativa alle riproduzioni e all’utilizzo dell’immagine. Tutti costi che devono essere rimodulati. Lo stesso vale per opere che finiscono su Netflix, ma arrivano da altre case di produzione: chi stabilisce una partnership e stipula un accordo ha dei vincoli e dei parametri da rispettare.
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Questi canoni, oggi, sono al ribasso. Politica che alle maestranze non sta più bene. Ecco perchè si rischia un maxi sciopero come quello avvenuto non molto tempo fa negli Stati Uniti, dove gli sceneggiatori e attori si sono fermati per lungo tempo paralizzando l’indotto di Hollywood con tutto quel che ne deriva. In Italia non si vuole arrivare allo stesso punto, ma dev’essere trovato un nuovo accordo in tempi rapidi. Altrimenti il prossimo ciak potrebbe essere anche l’ultimo. Lo streaming, per domanda e offerta, non può permettersi i titoli di coda.