Milano, le importazioni alimentari di prodotti sono aumentate. Questo agevola la criminalità organizzata: i nuovi canali della droga.
70mila euro e 5 Kg di eroina. Tutto nella soppressata calabrese. La notizia è dello scorso aprile, ma il modus operandi – da allora a oggi – non è cambiato. La droga continua a viaggiare in tutto lo stivale, ma cambiano i canali. Ora si prediligono i carichi alimentari: il motivo è il nuovo business che garantisce rotte diverse e maggiore sicurezza per chi investe all’interno di determinati prodotti illeciti.
La criminalità organizzata, non solo a Milano ma anche nel resto d’Italia, si insinua nella quotidianità. La routine odierna, e lo determina Il Sole24Ore in un articolo di approfondimento e analisi, ribadisce nella maniera più spietata che lo Stivale (sul piano alimentare) non è pienamente autosufficiente. Ovvero c’è qualcosa che manca all’interno del fabbisogno collettivo di materie prime. Nello specifico lo Stivale riesce ad assolvere alle proprie necessità esclusivamente per quanto riguarda le carni avicole e le uova (escludendo i mangimi), passando poi a vino e acque minerali.
Il riso viene importato soltanto per il 5%. Latte e formaggi sono al 6%. Mentre l’ortofrutta trasformata viene comprata sul mercato internazionale per una percentuale pari al 16% delle materie prime. Questo determina che ci sono altri alimenti – con ulteriori materie prime – che scarseggiano sul territorio. Allora si “chiede aiuto” ad altri: nella fattispecie l’Italia importa la pasta (attraverso il 40% dei grani), l’olio d’oliva e le farine. Rispettivamente con una percentuale del 60% e 45%.
Poi ci sono i prodotti da forno e i salumi. Sempre al 40%. Quote e percentuali che si mescolano a quella che è l’alimentazione animale. Il fabbisogno degli animali è arrivato, all’interno dello Stivale, al 65% dei mangimi. Tutto importato da fuori. Numeri che allargano, per traslato, anche il mercato degli stupefacenti. Con tutta questa necessità di comprare altrove, le tratte di viaggio dei container, delle navi e anche dei rappresentanti sono aumentate negli anni.
Quindi alla criminalità organizzata – di vario genere, non esiste soltanto un’organizzazione mafiosa: si passa dalla camorra alla ‘ndrangheta – basta individuare la necessità maggiore per infiltrarsi. I carichi di cibo vengono utilizzati come “corrieri” per portare la droga in Italia e all’estero.
Restando in tema di percentuali, ciascuna organizzazione di stampo mafioso guadagna dalla droga il 50% del proprio introito. L’ultimo rapporto pubblicato da AGI parla di circa 40 miliardi l’anno. Il 2% del PIL. Un’economia sommersa (non dichiarata ufficialmente) che agisce alla luce del sole anche attraverso le rotte alimentari.
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Il traffico, in tutti i sensi, passa in larga parte da Milano. Il Duomo è il motore italiano dell’economia, quindi anche il settore import/export si alimenta – per restare nell’ambito – con determinate tratte. Le stesse da anni. Per questo le mafie hanno tracciato vere e proprie rotte degli stupefacenti.
Anche la DIA, in tal senso, si sta muovendo per tentare di arginare questi tentacoli, ma è un percorso in continua evoluzione. Il business, così come gli illeciti, non si ferma ma resta un dovere tenere la guardia alta affinché i bisogni primari non diventino grimaldello per ricatti e ultimatum da cui è difficile uscire. Anzi, è quasi impossibile. Dietro quel “quasi” c’è un lavoro d’indagine che ancora prosegue.