Un anno e 4 mesi di assenza dal lavoro per malattia. Vigilessa rischia il processo per truffa. Avrebbe usufruito di certificati medici falsi. Sotto inchiesta anche il medico che avrebbe sottoscritto gli atti
Per ben 16 mesi la donna, un’agente della Polizia locale appartenente al Corpo di piazza Beccaria a Milano, avrebbe usufruito di certificati medici falsi per assentarsi dal lavoro. Per questo, la vigilessa ora rischia il processo al Tribunale di Trani, in Puglia, con le accuse di truffa e di falsa giustificazione dell’assenza dal servizio.
La data fissata per l’udienza preliminare è il prossimo 24 settembre. L’attività investigativa sulla donna spunta a seguito della recente delibera voluta dalla Giunta comunale di Beppe Sala, che quattro giorni fa (25 luglio) ha disposto la costituzione di parte civile per ottenere il risarcimento dei danni provocati dal presunto comportamento illecito della vigilessa.
All’attenzione dei magistrati pugliesi è finito il periodo compreso tra l’ottobre del 2020 e il febbraio del 2022, e in modo particolare il lasso di tempo interconnesso tra la seconda e la terza ondata di contagi da Covid-19, e dunque, il periodo della pandemia.
Secondo gli accertamenti investigativi, la dipendente pubblica “in più occasioni” avrebbe giustificato “l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia, inducendo così in errore il Comune di Milano e ottenendo il pagamento delle prestazioni non dovute”.
Il procedimento penale e il conseguente processo preliminare alla vigilessa si concentra a Trani, in Puglia, proprio perché in quel posto che si trova lo studio del medico che avrebbe redatto i certificati medici fasulli negli anni scorsi. Molto probabilmente i pubblici ministeri, indagando sul medico e sui suoi pazienti, si sono imbattuti durante i controlli anche nell’agente di stanza a Milano.
Nella delibera della Direzione Sicurezza urbana si legge, come riporta anche il Giorno: “è opportuna la costituzione di parte civile del Comune di Milano in ragione della gravità delle condotte tenute dalle imputate, che hanno causato all’amministrazione un danno patrimoniale e non patrimoniale, nonché per l’esigenza di avere piena cognizione di causa del processo penale anche ai fini della trattazione del procedimento disciplinare“.
Inoltre, in merito agli approfondimenti da parte anche di piazza Beccaria sul caso della vigilessa “truffaldina” è emerso anche dell’altro che a processo concluso, potrebbero portare a sanzioni particolarmente gravi come la sospensione dal servizio o il licenziamento.
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L’imputata non è accusata solo del reato di truffa. Infatti, la donna finita sotto inchiesta deve rispondere anche della violazione dell’articolo 55 quinquies del decreto legislativo numero 165 del 2001 che recita:
“Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 400 a 1.600 euro”.
Infine: “La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto. Il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione”.