Il latitante Giacomo Bozzoli potrebbe essere fuggito in Spagna con la moglie e il figlio. Dal giorno della condanna all’ergastolo sentenziata dalla Cassazione il 30 giugno scorso, il 39enne è sparito
Le ultime tracce di Giacomo Bozzoli si fermano in area Shengen lo scorso 30 giugno. I telefoni dell’uomo, latitante dopo la lettura della condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario, risultano spenti. Il 39enne non ha mai effettuato pagamenti elettronici e ha il passaporto scaduto.
Gli investigatori avevano annunciato di voler fare “terra bruciata” attorno Giacomo Bozzoli, così nelle ultime ore dalla Procura di Brescia e dal tribunale sono stati disposti “accertamenti a strascico” con l’obiettivo di isolare l’uomo in fuga con moglie e figlio. Intanto, i carabinieri hanno sequestrato nella sua villa di Soiano del Garda i dispositivi informatici della coppia ma anche i cellulari dei parenti più stretti di Bozzoli e del suocero.
Scomparso nella notte tra il 23 e il 24 giugno scorso, Giacomo Bozzoli continua la sua latitanza accompagnato dalla moglie e dal figlio. Fino al 30 giugno tutti e tre erano in un Paese dell’area Schengen. Non è escluso che fosse la Francia, ma questa potrebbe essere stata solo una tappa di passaggio, prima di arrivare a destinazione, forse nella penisola iberica.
Alle 3.30 del 24 giugno l’ultimo accesso del 39enne bresciano a WhatsApp. Alle 5.51 la sua Maserati Levante compare nelle immagini video delle telecamere di sorveglianza al casello di Manerba, due minuti dopo appare a Desenzano del Garda, alle 6.03 l’auto viene di nuovo inquadrata.
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Dalle informazioni emerse risulta che Giacomo abbia il passaporto scaduto e che non l’ha rinnovato. E’ ovvio che negli ultimi sei mesi l’uomo non sia andato all’estero ne in aereo ne in nave. Così come è sicuro che non abbia effettuato movimenti bancari. Dunque, al momento le ipotesi sono due.
La prima è che la partenza dell’uomo con la moglie e il figlio è nata come una vacanza in attesa della sentenza definitiva della Cassazione e alla conseguente pressione mediatica, per trascorrere in serenità quelli che sarebbero potuti essere gli ultimi giorni in famiglia e per festeggiare il compleanno del bambino.
Ma poi, giunta la notizia dell’ergastolo, il bresciano va in panico e decide di non tornare in Italia. La seconda ipotesi, invece, riguarda la premeditazione della fuga, come riporta la ex compagna del latitante, già organizzata dal 2015.
Già nove anni fa, il 9 ottobre del 2015, la ex compagna del latitante Bozzoli, Jessica Gambarini, il giorno dopo la scomparsa di Mario Bozzoli si era diretta dai carabinieri per riferire che Giacomo le aveva sempre “palesato il suo odio nei confronti dello zio, tanto che più volte mi ha ripetuto che il suo intento era di ucciderlo”.
Ma non solo. La donna, quando venne sentita nel processo di primo grado riferì che Giacomo le aveva parlato di un piano in cui c’entrava un’auto e un passaggio davanti alle telecamere. A verbale, nell’udienza del 17 novembre 2021, la ex di Bozzoli riferì: “Lui mi ha sempre detto che io avrei dovuto prendere la sua macchina, all’epoca la Mercedes ML, transitare in autostrada e andare a dormire a casa mia, mentre lui doveva…a detta sua aspettare lo zio fuori casa”.
Ed oggi, a distanza di nove anni quel piano premeditato riporta a ciò che è accaduto lo scorso 23 giugno. Il Suv che viene ripreso sulla sponda del Garda, ma al volante dell’auto c’era davvero il 39enne oppure nella macchina c’era solo la moglie e il figlio? Gli inquirenti non escludono che lui si fosse già spostato prima per guadagnare ancora più vantaggio.
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E non si placano Le polemiche sulla fuga e il poco controllo da parte delle autorità sull’uomo. Fonti interne all’Arma dei carabinieri confermano che gli agenti di polizia di Brescia non hanno avuto dall’autorità giudiziaria “nessuna prescrizione di controllo e Giacomo Bozzoli non era sottoposto ad alcuna misura di carattere cautelare «nemmeno nella forma dell’obbligo di dimora o di firma”.
Resta l’evidenza, ovvero che l’imprenditore bresciano ora rimane latitante e ricercato in Italia e all’estero. Il decreto dello stato di latitanza è stato firmato martedì sera dal presidente della prima sezione penale del tribunale di Brescia, Roberto Spanò. Il giorno seguente, Claudia Passalacqua, sostituto procuratore di Brescia, ha diramato il mandato di arresto europeo, trasmesso anche ai Paesi extra Schengen.