Caso Maignan, l’Udinese ha individuato il primo dei responsabili di quanto accaduto sabato contro il Milan: chi ha preso di mira il portiere.
Il portiere del Milan nuovo esponente della lotta al razzismo. Forse neanche lui se lo aspettava, ma Mike Maignan ha fatto – sabato contro l’Udinese – l’uscita più importante della sua carriera. Quella dal campo al momento dei bu razzisti che volevano dire solo una cosa: la peggiore per un atleta.
Essere discriminato per il colore della pelle, paragonato a una scimmia. Lo hanno fatto una parte dei tifosi di casa alla Bluenergy Arena. Allora il portiere della Caienna ha detto basta. Al terzo avvertimento all’arbitro ha preso il pallone ed è uscito dal terreno di gioco. Non poteva fare altro, ma ha fatto abbastanza, suo malgrado.
La macchina organizzativa si è messa in moto: l’Udinese ha lavorato di concerto con le autorità per trovare quelle che il direttore generale del club friulano Franco Collavino ha definito “mele marce”. Una già c’è: 46enne della provincia di Udine. Individuarlo è stato possibile grazie alle 300 telecamere attorno allo stadio.
Da lui (e non solo) sarebbe partita la parola: “ne**o di m…”. Significato inequivocabile così come la sentenza che provoca: deferito in stato di libertà dalla Procura di Udine. Pena: DASPO di 5 anni. Troppo poco per la società friulana che vorrebbe radiarlo dallo stadio a vita. Questo ha promesso il DG bianconero e questo farà.
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Nel frattempo le indagini proseguono e non si ferma la ricerca di coloro che hanno favorito la discriminazione razziale. La piaga sociale è ancora così viva che dire di fare qualcosa non basta più. Bisogna agire concretamente proprio come ha fatto Maignan. Prendere una posizione. Anche se non è facile. Lo insegnano i portieri: a volte con un’uscita al momento giusto è possibile vincere la partita e salvare tutti da una beffa imprevedibile. Il razzismo è una beffa che si può arginare. L’uscita al momento giusto c’è stata, ora deve arrivare il resto.