L’iniziativa è nata dalla collaborazione tra la rivista Stove Magazine e l’associazione torinese “Mettiamoci le Tette” nata nel 2012 all’indomani della chiusura dell’ospedale valdese, un centro di eccellenza nella cura e nel sostegno alle pazienti. Il nome è mutuato da una protesta delle donne seguite da questa struttura che si erano fatte fotografare, nude, a mezzo busto. La mostra nasce anche come una raccolta fondi per questa onlus.
Lo scorso anno, sempre a ottobre, questo progetto era l’editoriale della rivista, risultato di un coinvolgimento, anche personale del suo direttore Francesca Ortu, testimone indiretta della malattia che aveva colpito una persona cara. A partire da qui, grazie al lavoro e alla sensibilità della fotografa Ilaria Fraschini, sette donne hanno deciso di posare, nude, per mostrare il tumore per quello che è e per quello che fa al corpo di una donna quando lo affronta, un percorso spesso doloroso tra interventi chirurgici e chemioterapia.
La prima fotografia che accoglie il visitatore è quella di Silvia. Ha perso i capelli per effetto delle cure ma non è questo che cattura l’attenzione di chi la guarda.
È il suo sorriso, aperto e solare che parla di vita come il fiore che le accarezza il viso, simbolo di femminilità ma anche e soprattutto di rinascita. Ogni ritratto è accompagnato da un fiore, scelto di volta in volta dalla protagonista.
Il percorso espositivo, a un certo punto, si interrompe per lasciare spazio all’opera dell’artista e scultrice Alisa Marchenko che per questa occasione, ha realizzato delle composizioni sferiche, realizzate con l’intreccio di erbe e fiori che richiamano il rapporto tra corpo e natura, la bellezza dell’imperfezione e la forza che si cela nella loro fragilità, spesso la stessa che si scopre di fronte alla malattia. Ogni piccola scultura è un’opera unica e la scelta di lasciarle pendere dall’alto, con un filo sottile, è un invito al visitatore a vivere l’esperienza di toccarla, passarci in mezzo, scoprirne i profumi.
La serata di inaugurazione ha offerto anche una sua ipnotica performance dal vivo fatta di gesti lenti e poche frasi. L’artista era vestita degli stessi materiali delle sue sculture. “L’erba – mi ha raccontato – è come il corpo, è fragile ma anche resistente, imperfetta ma unica. Voglio dare la prospettiva di guardare al nostro corpo con gratitudine”.
Chiude la mostra un’immagine che parla da sola. Ritrae un busto di donna offeso da un intervento chirurgico di rimozione del tumore. C’è la cicatrice fisica, c’è quella interiore ma accanto c’è il fiore della rinascita.
La mostra si può visitare da lunedì a venerdì con orario 09:00 – 18:00 presso lo spazio Hub Art, nato nel 2017 e dedicato all’arte contemporanea con la volontà di diventare una vetrina per i giovani artisti italiani.
Questa mostra si inserisce nel mese che, dal 1992, è dedicato all’informazione e alla prevenzione che consiste nel sottoporsi a screening periodici. Al momento questa è l’unica arma di contrasto.
Anche se la scienza ha fatto un importante passo avanti riuscendo a isolare un tipo di tumore legato a un gene preciso, il BRCA detto anche gene Jolie, dal nome dell’attrice americana che ha scoperto di averlo ereditato dalla madre. Da questa scoperta è partita la sua campagna per l’introduzione di test che permettano di scoprire l’ereditarietà.
Ogni anno le iniziative di prevenzione sono numerose e diversificate a fronte del numero crescente delle nuove diagnosi. L’ultima stima riferita al 2020 parla di 55mila nuovi casi, una quadro sul quale ha pesato la pandemia che ha annullato ben il 54% degli screening preventivi.