Nan Goldin, nata nel 1953, ha iniziato la sua avventura di fotografa riprendendo la propria famiglia e da allora ha documentato le persone e le vicende che ha incontrato e con le quali ha condiviso il tempo e i sentimenti. L’elemento tragico che ne ha segnato l’ispirazione creativa è stato il suicidio della sorella, allora diciottenne, nel 1965.
I suoi scatti non fuggono l’imperfezione e la casualità, sono anzi aperti all’ingresso della vita con tutta la sua precarietà e incertezza. L’esposizione della Triennale, The Ballad of Sexual Dependency, presenta 700 foto offerte al pubblico raggruppate in videoinstallazioni, incalzanti come lo scorrere del tempo che non hanno provato a fermare ma solo a raccontare.
Nan Goldin ha sempre usato il colore, necessario per rendere la complessità delle cose, rifuggendo il minimalismo del bianco e nero anche quando era considerato sinonimo di espressività artistica. Così come ha sempre rifiutato di inserire elementi violenti nella sua arte: non avrei potuto farlo in quanto femminista, afferma.
Per lei fare fotografia non vuol dire immaginare, vista l’incredibile stranezza e potenza della realtà. Vuol dire semplicemente, se ci si riesce, aprire gli occhi.
Triennale, viale Alemagna 6
Orari: da martedì a domenica 10,30/20,30, lunedì chiuso
Biglietto 7 euro
Info: 02.724341