Mahamad Fathe, l’uomo di origine yemenita che aggredì con una forbice un militare di stanza davanti alla Stazione Centrale nel 2019 è stato condannato a 14 anni e 6 mesi di reclusione con l’accusa ditentato omicidio aggravato dalla finalità terroristiche.
Questa la decisione dei giudici dell’ottava sezione penale presieduta da Maria Luisa Balzarotti che ha quindi accolto la richiesta avanzata ai primi di novembre dal pm Enrico Pavone aggiungendo 3 mesi in più alla condanna. Lo yemenita, inoltre, sarà espulso dal territorio italiano una volta finito di scontare la pena.
L’uomo era un senza fissa dimora che gravitava dalle parti della Stazione Centrale ed era stato segnalato dalla Germania come simpatizzante dell’estremismo islamico.
Per questo motivo, dopo l’arresto e la carcerazione con l’accusa di tentato omicidio, il pool antiterrorismo coordinato da Alberto Nobili aveva aperto anche un filone di inchiesta per documentare eventuali complicità con altri gruppi terroristici, un aspetto che alla fine era emerso.
Si era dunque trattato di un gesto isolato ma questo non aveva impedito di aggiungere le finalità terroristiche al capo di imputazione esistente.
“[…] Una persona – aveva argomentato il pm – che prende una forbice e attacca un militare a caso, gridando più volte ‘Allah akbar’, vuole colpire lo Stato italiano attraverso in questo caso il tentato omicidio di un appartenente alle forze dell’ordine, la sua condotta punta a spaventare lo Stato perché nessuno deve essere al sicuro, in questa logica […]”.
In fase di interrogatorio, era poi emerso che l’uomo stava pianificando un gesto contro i militari di stanza alla Stazione Centrale per l’operazione strade sicure da almeno 3 giorni e che era sua intenzione rimanere ucciso da martire. Motivi che avevano indotto il giudice a valutare plausibile sia il pericolo di reiterazione del reato sia quello di fuga e inquinamento delle prove tanto che già nel 2019 gli era stata negata la scarcerazione.
La perizia psichiatrica alla quale era stato sottoposto, aveva stabilito che al momento del gesto l’uomo era in grado di intendere e di volere benché vivesse in un quadro generale di disadattamento e alienazione.
A fermare Fathe era stato un cittadino originario del Senegal, Samba Diagne, che lavora a Milano da circa 30 anni e che è stato poi nominato Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.