L’Approfondimento: Il caloroso calcio d’estate

Causate dalle alte temperature di questi primi giorni di Luglio le nostre uscite mattutine si conciliano con i roventi titoli impressi nelle prime pagine dei giornali sportivi. Su tutti, i lanci dedicati al calciomercato.

Scorrendoli ci coglie una lieve nostalgia, ricordando quelli di quando la fiera dei prodi pedatori aveva luogo all’Hotel Gallia di Milano, a due passi dalla Stazione Centrale e ad un passo dalla fermata del pullman che portava a Cinisello Balsamo.

I giornali di allora non andavano per sofisticate rime baciate a giustificare l’andamento dei prezzi. Del tipo (inventiamo, per non dispiacere a nessuno) “L’Inter fa di Conte”. Semmai, inciampavano su involontarie “calembour”. Per esempio, allorquando diedero notizia del passaggio di, Stefano Pompini, dal Reggiolo al Fiorenzuola e alle sue prodezze di buon attaccante di categoria. Per questo vi rimandiamo alle famose cinque colonne dedicategli dal “Secolo XIX” di Genova.

La penuria di ufficialità apre voragini all’immaginazione e mette a repentaglio la reputazione anche tra i più astuti esperti del settore. Ciò di cui non vi è penuria sono i milioni di euro circolanti nelle colonne dei succitati giornali e nelle grafiche mostrate dagli schermi delle televisioni specializzate, innervate da un largo stuolo di saputoni.

In molti, tra costoro, parlano per “impressioni” e quasi sempre dando notizie provenienti dalle agenzie e dai siti per cui lavorano (quelli si) dei giornalisti veri e adusi al marciapiede. Tra l’altro, quando si parla di cifre, non siamo così sicuri si tratti di soldi veri. In tempi di commercio assai volatile, ciò che chiamano “una plusvalenza” non corrisponde, a quanto pare, all’esborso in moneta da parte del compratore. Almeno non completamente.

Mia nonna, vendeva il pesce al mercato. Incassava cinque lire per un chilo di sgombri, appena pescati. Impacchettava l’ittico con carta da giornale e si prendeva i soldi. Solo parzialmente, nel mercato della pedata (plusvalenza a parte) è la stessa cosa. Sembra vi siano venditori con bilancia dall’antico marchio, Stadèra, quella dei pescivendoli (appunto) e utilizzata fin dall’epoca etrusca. Tuttavia sono pronti a falsarne l’equilibrio purché si raggiunga l’obiettivo. “Ma quanto pesa, tecnicamente, questo giocatore che mi vuoi vendere?” “Va bene, non star li a guardare tutto, ti faccio lo sconto”. Così l’affare e fatto.

Dobbiamo metterci il cuore in pace. Passeremo l’estate a discutere sul destino di Icardi e della sua preziosa consorte. Nondimeno non ci lasceremo scappare un rigo sulla nuova destinazione di Higuain, pensando anche su quanto potrebbe tornare utile (ma la cosa mi sfugge date le contorsioni, non solo dialettiche, del personaggio) il nuovo affacciarsi di Buffon alla Juventus e se, Vidal, sia in grado d’innervare il nuovo centrocampo interista.

Il bello dell’estate dei calciofili, priva di campo erboso, è sempre la stessa. Poi si riprenderà a giocare e solo allora vedremo. Si dice che nuova linfa arriverà dagli allenatori. Tutti bravi e titolati. Antonio Conte è un vincente, garantiscono all’Inter. Anche Maurizio Sarri lo è, replicano dalla Juve. Come lo resta Carlo Ancelotti, ribadiscono a Napoli.

Tralasciando le prime tre del lotto, il Milan si affida a uno dei new philosophers, a noi particolarmente simpatico perché fumatore di sigaro toscano, cioè al bravo e computo, Marco Giampaolo.

E da qui si macinano possibili formazioni e astrusità tattiche. Anche noi abbiamo da porre un paio di domande. Basterà a Conte diventare il dodicesimo giocatore per imprimere un cambiamento radicale agli schemi dell’Inter? Sarà sufficiente, per Sarri, avanzare di venti metri la posizione di Pianic, per facilitarne il palleggio senza farlo incorrere in errori capitali davanti alla propria area? Il campo dirà la sua. E come sempre accade, sarà una sentenza inemendabile.

In queste settimane il campo ci ha presentato altre suggestioni: le calciatrici impegnate nel mondiale.

(Photo by FRANCK FIFE / AFP)

Delle belle immagini, di giovani donne che rincorrono, ne vanno alla caccia, gestiscono e padroneggiano un pallone. Le italiane hanno sorpreso per il cammino compiuto in una manifestazione che in passato le aveva viste comprimarie se non semplicemente assenti. Vederle ha suscitato prima sorpresa poi emozione ed inoltre provocato un dibattito. Ben venga una discussione nel merito. Le ragazze azzurre, in rappresentanza di un movimento di altre compagne militanti nelle varie categorie, potrebbero facilitare lo sviluppo di una variante nel movimento calcistico.

Abbiamo sentito richieste di riconoscimenti al professionismo. Riteniamo si giusto valutarle, fino in fondo. Non dobbiamo ridurre le nostre calciatrici, come accade alle ragazze dell’atletica, all’obbligo di arruolarsi in una qualsiasi forza armata per ottenere la possibilità di allenarsi compiutamente. Vanno trattate con equità.

Il sostantivo sollecita un parallelo con il film “We Want Sex” (titolo originale, “Made in Dagenham”, Nigel Cole-2010) in cui si raccontano le vicende accadute nel ’68 nell’Essex. La Ford occupava 55mila operai e 187 donne, addette alla cucitura dei sedili per auto in un ambiente e con condizioni di lavoro da romanzo “dickensiano”. Dai manager venivano definite, in modo umiliante, “non qualificate” e perciò andavano sottopagate.

Le operaie daranno vita a uno sciopero ad oltranza, bloccando l’industria, fino alla vittoria finale. In barba alle miopie delle Union inglesi e alla durezza dei padroni, ottennero così la loro parità retributiva, grazie anche ad una ministra indocile verso le precauzioni elettoralistiche del premier laburista, Harold Wilson.

Nel mondo del calcio sarà complicato applicare tale forma di egualitarismo (cosa diversa dall’equo) tuttavia vanno compensate in modo bilanciato. Servirà a favorire la proliferazione di molte altre giocatrici, vogliose di misurarsi con la disciplina calcistica. E qui torna in ballo uno Stato che deve molto investire nello sport (maschile e femminile) a partire dalle scuole non solo, è beninteso, nel calcio.

Shanice Van De Sanden (AP Photo/Francisco Seco)

Guardando l’Italia femminile ho sentito parlare di tasso tecnico. Un modo manicheo di misurare i valori. Io ho visto aperture di trenta metri sul piede che molti maschietti si sognano di saper fare. Ho visto giravolte e dribbling assai efficaci. D’accordo, si registrano smagliature difensive e diagonali ritardate ma chi non ne fa?

Un bulletto, al bar, mi ha detto: “Questa nazionale di donne perderebbe contro una qualsiasi squadra di seconda categoria”. Mi sono limitato a ricordargli che tutto è relativo e le donne giocano, come bene sanno fare, contro altre donne.

Sempre restando sul relativo, gli ho fatto l’esempio di due squadre con davanti due minuti di recupero, prima del fine gara. Per quella che sta vincendo sono interminabili, per quella in svantaggio corrono troppo in fretta. Che dire di più. Rivedrò la teoria e riconoscerò l’assoluta supremazia del maschio pedatore quando, contro ogni regola fisica e scientifica, batterà un calcio d’angolo e contemporaneamente andrà ad insaccare di testa lo stesso pallone.

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