Non sappiamo se sia scientificamente corretto definirlo Anno Domini (di certo non lo sarà per gli amanti delle liturgie) ma per ciò che riguarda quanto intendiamo trattare su queste pagine, speriamo ci venga concessa la forzatura. Intendiamo dare vita, partendo con questo articolo e con gli altri che lo seguiranno, a un riepilogo (sebbene sommario) degli avvenimenti celebrandone, a nostro modo, il cinquantesimo anniversario. L’intento è di creare, una piccola cronologia senza sottrarci alla necessaria contestualizzazione.
Il 1969 non cadeva in momenti facili, neppure per chi, come noi, aveva poco più di vent’anni e viveva nell’ottimismo verso un mondo da cambiare. Tuttavia ci sforzeremo a percorrere quei mesi mettendo in evidenza i fatti e gli eventi più significativi. Non mancheranno alcuni riferimenti storici, di cronaca e di costume. I giovani, gli studenti, gli operai, gli impiegati, gli artigiani, i semplici cittadini e i personaggi dell’epoca: saranno loro a fornirci un punto di vista.
Non erano mancati i fermenti anche negli anni precedenti al’69. Non sempre in Italia, nonostante vi fosse una divulgazione nazionale, le notizie venivano recepite nel loro significato globale. Vi erano, tuttavia, aree del Paese dove (di già) si respirava un’aria di cambiamento. Milano, a questa stregua, poteva considerarsi altamente all’avanguardia. Non essendo nostra intenzione creare un’opera omnia su lotte e dimostrazioni, anche molto dure, ci soffermeremo su un episodio capitato solo tre anni prima. Un antefatto, tra i molti altri. Tanto per ricordare il clima e le resistenze ancora presenti e che all’oggi apparirebbero anacronistiche ma allora propedeutiche a ciò che sarebbe successo non molto tempo dopo.
“La Zanzara” era il titolo del giornalino studentesco del Liceo Parini di Milano, fondato nel 1945. La rivista, diventò assai nota per uno scandalo scoppiato nel ’66, quando la pubblicazione di un articolo sulla sessualità degli studenti portò alla denuncia e al processo di tre suoi redattori. Nel febbraio la rivista pubblicò un’inchiesta dal titolo “Un dibattito sulla posizione della donna nella nostra società, cercando di esaminare i problemi del matrimonio, del lavoro femminile e del sesso” a firma di Marco De Poli, Claudia Beltramo Ceppi e Marco Sassano. Nell’inchiesta emersero le moderne opinioni di alcune studentesse del liceo sulla loro educazione sessuale e sul proprio ruolo nella società. Seguirono proteste delle associazioni cattoliche, in particolare perché le intervistate erano tutte minorenni. I tre redattori vennero accompagnati in Questura e denunciati. Il giudice istruttore, Pasquale Carcasio, obbligò i tre studenti, seguendo una legge del 1934, a spogliarsi “per verificare la presenza di tare fisiche e psicologiche“. I due ragazzi acconsentirono, invece Claudia Beltramo fece resistenza. Le accuse si rivelarono molto pesanti: stampa oscena e corruzione di minorenne. Il caso fu molto seguito dalla stampa nazionale ed estera. Al processo, i redattori vennero assolti con formula piena. Uno dei tanti punti di partenza, con gli studenti in prima linea.
Il 1969 iniziò con un fatto cruento che allibì l’opinione pubblica occidentale e scatenò forti polemiche in Italia.
Il 19 Gennaio, Jan Palach, uno studente di filosofia all’Università di Praga si diede fuoco nella centralissima Piazza Venceslao. Il gesto di Palach era un’eroica ed estrema protesta contro l’invasione dell’Esercito Sovietico entrato nel paese per reprimere quella che nella storia verrà ricordata come “La Primavera di Praga”. Jan Palach morirà cinque giorni dopo. Anche altri due suoi amici, Jan Zajìc e Evzen Plocek, si immolarono allo stesso modo nelle settimane successive. Cos’era accaduto: nell’Agosto dell’anno prima, truppe corazzate del Patto di Varsavia fecero il loro ingresso in Cecoslovacchia. Lo scopo era di esautorare il governo legittimo di Alexander Dubcek, nominato dal Comitato Centrale del partito a capo del governo. Il nuovo primo ministro appoggiato dalla popolazione, specialmente dai giovani, aveva avviato una serie di riforme tendenti ad allentare la censura sulla stampa e a modificare i rapporti di produzione all’interno dell’economia. Senza, peraltro, mettere in discussione la centralità del partito comunista (in politica interna) e neppure l’adesione allo stesso Patto di Varsavia nei rapporti internazionali. Dubcek aveva anche l’appoggio dell’intera centrale operaia e dei Consigli delle grandi fabbriche. A Mosca la cosa venne vissuta come una grave minaccia. La Cecoslovacchia fu occupata dai tanks e Dubcek finì in prigione.
Accanto alle molte prese di posizione e di condanna, soprattutto da parte della DC e della destra (rovesciando lo slogan praghese in Socialismo dal volto disumano) in Italia si registrò un accanito dibattito interno alla sinistra.
Milano fu un centro dove il confronto diventò lacerante.
Il Comitato centrale del PCI, diretto da Luigi Longo, condannò l’invasione definendola un “tragico errore”. Una posizione che non convinse la gran parte dei vecchi dirigenti i quali temevano d’inimicarsi i sovietici. Più espliciti, al contrario, furono alcuni quadri comunisti, come Luigi Pintor e Rossana Rossanda. Essi sostenevano, contro le tesi della maggioranza, che non di errore si trattò ma della conseguenza logica insita nella natura stessa del regime sovietico. Allo stesso tempo interpretavano i fatti cecoslovacchi come un nuovo avvio verso fasi più consone alla realizzazione di una società socialista. Quando uscirono con un editoriale sul mensile “Il Manifesto” intitolato “Praga è sola” vennero radiati dal partito e la rivista fu chiusa. Il PCI era ben visto dai praghesi, contavano sull’appoggio della più grande organizzazione comunista dell’occidente. Invece calò il silenzio. Un mutismo che non favorì l’utilissima (e necessaria) elaborazione interna e una coraggiosa revisione nei rapporti con l’URSS. Ciò avrebbe provocato, molti anni dopo, il dilapidare di risorse e strumenti d’analisi a seguito della caduta del Muro di Berlino.
Ciononostante il 1969 ci fece vivere momenti più stimolanti.
Uno legato alla musica. In quell’anno si scioglievano i Beatles. Fin dall’inizio furono i nostri idoli. Li ricordavamo a Milano, nel doppio concerto al Vigorelli del 24 Giugno del’65. E’ legata al Gennaio del ’69 la data della loro ultima performance dal vivo che si tenne a Londra sul tetto dell’edificio della Apple, al numero 3 di Savile Row. Durò poco più di quaranta minuti e poi fu interrotto dalla polizia. Noi lo vedemmo, tempo dopo, nel film Let It Be.
Fu una bella idea, sebbene mutuata dalla band californiana dei Jefferson Airplane che l’anno prima si resero protagonisti di un evento simile a New York. Tuttavia fu il The On the Rooftop dei Beatles a fare la storia poiché, senza nulla togliere agli altri di quel prolifico periodo, loro erano stati The Fab Four.