In queste ore, il mondo dello sport meneghino è dominato dalla notizia del licenziamento di 3 magazzinieri, tutti sopra i 50 anni, da parte dell’Inter.
Tanto che la loro protesta è arrivata fuori dagli uffici della dirigenza in viale della Liberazione, zona Porta Nuova, dove, da questa mattina, campeggia lo striscione con la scritta “Caro Zhang i dipendenti non si toccano”.
I tre, infatti, con oltre 10 anni di servizio con il club, erano in aspettativa fino a fine ottobre. Stando alle ultime indiscrezioni sembra che la società non abbia intenzione di recedere dalla decisione rendendo così effettivo il loro licenziamento dal primo di novembre.
I tre dipendenti lavoravano in un magazzino che l’Inter aveva ceduto a una società terza con la quale però aveva trovato un accordo per la loro assunzione. Il problema è che il nuovo contratto poteva avere una durata massima di 12 mesi al termine dei quali i tre lavoratori potevano andare incontro a un rinnovo così come a un’interruzione del rapporto del lavoro.
Una situazione di precarietà che non tiene conto della loro realtà personale che vede uno di loro con un mutuo acceso da poco e un altro con problemi di salute in famiglia.
Che la loro situazione lavorativa stesse per cambiare si era capito già dalla scorsa estate. Poi i timori erano diventati reali con la conferma del licenziamento arrivata dall’Ufficio del personale. Inoltre, in questa vicenda era coinvolto anche il loro responsabile ma, almeno nel suo caso, la questione si era risolta con una ricollocazione all’interno dell’azienda.
A questo punto i tre si erano rivolti al sindacato in cerca di una mediazione. Anche per loro era stata chiesta una ricollocazione ma sembra proprio che, in nome del contenimento dei costi, il dialogo si sia interrotto.
“Considerando che la somma dei tre stipendi – ha scritto il Sindacato in una nota – costituisce una minima frazione dello stipendio medio che l’Inter paga ai giocatori, che si tratta di persone ultracinquantenni, e che l’Inter ha sempre promosso valori come l’uguaglianza e la fratellanza, riteniamo questa decisione non accettabile”.