Nato nell’ambito degli interventi di Custodia Sociale finanziati dal Comune e pensato insieme all’Unità Servizio Sociale Professionale Territoriale, ha visto la collaborazione del fotografo Luca Meola e ha dato un volto e una voce ai 20 anziani seguiti dai 7 volontari della Fondazione.
Ne è nata una galleria fotografica che ha aperto le case e le vite di ognuno, con i suoi vissuti e i suoi dolori dal momento che il covid li ha rinchiusi all’interno delle loro case rendendoli, di fatto, invisibili.
E allora a parlare sono le storie delle didascalie che accompagnano ogni scatto: Si incontrano così le sorelle Franca e Maria di 91 e 88 anni, immortalate dietro al bancone del piccolo negozio di componenti elettrici ereditato dal papà. La sorella minore è scomparsa lo scorso 27 febbraio e nella didascalia della loro foto si legge: “Non ci siamo mai sposate, abbiamo avuto un compagno, ma noi due non ci siamo mai lasciate”.
E poi Giovanni e Antonietta, insieme da 45 anni, che non escono più di casa per proteggere il figlio Teodoros, disabile che, per motivi legati al suo stato di salute, non può indossare la mascherina.
E ancora l’80enne Tatiana che si racconta così: “Il coronavirus mi ha rovinato: da marzo a giugno non sono uscita e le gambe sono andate a ramengo”; Mimmo, 88 anni, a cui manca molto la moglie ricoverata da ottobre in una RSA per l’Alzheimer che dice: “i primi giorni solo la cercavo per casa, ormai me ne sono fatto una ragione”;
e poi, ancora, Renato, che è mancato solo poche settimane fa ed era solito ripetere: “qua non ho nessuno a parte i custodi”.
“Di norma riceviamo circa 100 telefonate al giorno – ha sottolineato Elena Varini coordinatrice dell’equipe di Fondazione Somaschi – per diverse richieste di aiuto o più semplicemente per dare conforto e rassicurazioni. Prima della pandemia organizzavamo attività e laboratori di quartiere, per favorire la socializzazione e sviluppare reti di mutuo aiuto”.
“Ora che gli incontri in presenza sono sospesi – ha aggiunto – ci siamo riorganizzati creando occasioni diverse per mantenere in rete i cittadini e far sì che si prendano il più possibile cura di loro stessi e dei loro vicini. Così abbiamo digitalizzato ultraottantenni, messo in circolo piantine ed erbe aromatiche da curare, giornali e cruciverba, mascherine cucite per proteggere gli altri, poesie e ricette da commentare cucinare insieme a distanza. Perché la solitudine è uno dei problemi più gravi per le persone che assistiamo”.
“Il progetto ‘IO C’ENTRO’ – ha aggiunto Gabriele Rabaiotti, assessore alle Politiche sociali e abitative – portato avanti dalla Fondazione Somaschi Onlus, intende ridare a queste donne e a questi uomini dignità, raccontare le loro storie, le difficoltà e la solitudine che hanno dovuto affrontare nel corso di questi mesi, ma anche la forza che ha permesso loro di resistere e andare avanti, creando una sorta di album che rappresenta una cruda realtà e ci aiuta a progettare un futuro migliore”.