Seggi aperti dalle 7 alle 23 anche oggi, in tutt’Italia. A Milano, però, ci sono già delle polemiche: cosa è successo ad alcune donne
Domenica di elezioni in tutt’Italia, quella di oggi. L’incubo è l’astensione al voto: i dati relativi alla giornata di ieri, infatti, sono tutt’altro che incoraggianti e anche a Milano la preoccupazione è la medesima. I dati finali si conosceranno solo oggi dopo le 23 ma, al momento, le previsioni non sono rosee: a Milano, infatti, si teme che la percentuale di astensionismo sia addirittura peggiore rispetto a quella nazionale.
A Milano, comunque, la macchina elettorale sta funzionando senza particolari problemi. I 1247 seggi ordinari e i 66 seggi speciali sono in attività, così come le otto sezioni al Politecnico e alla Cattolica per consentire il voto agli studenti fuori sede. Ecco però qualche polemica, insorta soprattutto tra le elettrici: cosa sta succedendo.
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La fila unica, senza genere
Molti seggi hanno adottato l’indicazione del Comune che ha suggerito di fare un’unica fila per la registrazione pre-voto, una senza genere che quindi non discrimini chi non si sente appartenere a nessuno dei due generi binari. A parlarne è una presidente della sezione 1015 del seggio della scuola Tre Castelli di Milano: “Nella mia sezione non abbiamo apposto i cartelli “uomini“ e “donne“ per differenziare le file dei due registri elettorali. Abbiamo fatto mettere i vari scrutatori in banchi contigui, non da una parte e dall’altra dell’aula, in modo che non si creassero due file, ma che la persona potesse scegliere al momento dell’arrivo al banco a quale registro di voto rivolgersi per registrarsi e votare”.
Secondo la presidente, infatti, è importante che ci si possa sentire sé stessi anche e soprattutto mentre si esercita il proprio inalienabile diritto al voto e, mediante la fila unica, questa serenità è garantita.
Il problema delle donne divorziate
Un’altra criticità messa in evidenza da questa presidente di seggio riguarda le donne divorziate. Nei registri, infatti, è ancora presente la dicitura con l’indicazione del cognome del marito con la formula “Sara Bianchi in Rossi”, ad esempio. Questo, però, vale anche per le donne che sono separate o divorziate anche da molti anni e tale situazione non le mette a loro agio, nel momento in cui vanno a votare. “Probabilmente questa prassi è fissata da una legge di tanti anni fa che non è stata mai modificata“, commenta la presidente di seggio di Milano.