Il Censis, che ogni anno elabora il Rapporto sulla situazione sociale del nostro Paese, ha diffuso i dati relativi all’indagine 2021.
Alcuni risultati di questa 55ma edizione hanno rappresentato una sorpresa, soprattutto in tema di lavoro.
Un primo dato riguarda le retribuzioni medie annue che, dal 1990 a oggi, sono diminuite del 2,9% anziché aumentare, come è successo nel resto del mondo. Siamo, infatti, fanalino di coda, in una classifica con 35 posizioni, dietro ai partner europei come Francia e Germania ma anche ai paesi extra Ue come Corea del Sud e Lituania.
A pesare, in negativo, su questo indicatore sono lo stato in cui versa il nostro mercato del lavoro, il ruolo della contrattazione sindacale e le leggi che lo governano.
Il rapporto degli italiani con il lavoro, sempre secondo il Censis, resta problematico con un 82,3% della popolazione che pensa di meritare di più e il 69,6% che si dice inquieto riguardo al futuro. Una percentuale, questa, che sale al 70,8% tra i giovani.
Tutto questo a fronte di un Pil che è cresciuto sempre meno passando da una crescita del 45,2% negli anni ‘`70 ad appena lo 0,9% nel decennio della pandemia.
E poi, appunto c’è la pandemia che andrà ad accrescere il senso di precarietà per il 36,4% degli intervistati. In pochi, il 27,8%, pensa che la situazione migliorerà con i fondi del Pnrr erogati dalla UE.
Il mercato del lavoro è percepito come qualcosa di rigido e statico dove disoccupati e inattivi sono una buona maggioranza. Il 30,2% degli intervistati pensa che a bloccare l’ingresso nel mondo del lavoro siano gli stipendi troppo bassi; a seguire, per il 29,9%, non ci sono condizioni favorevoli per chi vuole avviare un’attività in proprio. Tanto che, dal 2008 al 2020 il lavoro autonomo ha perso 719mila unità, passando da quasi 6 milioni di occupati a poco più di 5 milioni (-12,2%).
Altri dati sorprendenti riguardano la percezione di politica ed economia e una diffusa idea del “si stava meglio prima”.
Il report del Censis è disponibile cliccando qui.