La Corte suprema di Cassazione, sezioni unite civili, ha impresso una svolta nel contenzioso tra i parenti del piccolo Daniele Peresano e la compagnia di assicurazioni milanese Vittoria.
I fatti risalgono al 2008 quando il piccolo di 16 mesi fu travolto e ucciso dal camper guidato dal nonno all’interno del cortile di casa a Cappella Maggiore, in provincia di Treviso. In base alla legislazione italiana sulla Rca la compagnia di assicurazione non era tenuta al risarcimento danni perché le polizze coprono episodi che avvengono su “strade pubbliche o a queste equiparate”.
L’avvocato che rappresenta la famiglia, Alessandra Gracis, aveva quindi presentato ricorso chiedendo di fare appello alla legislazione europea che stabilisce che il danno è riferito a “ogni spazio in cui il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale”.
Secondo questa norma avrebbero dunque diritto a un risarcimento da parte dell’Assicurazione il papà, la mamma e i due fratelli che sono parte lesa. Gracis aveva addotto come episodio simile un caso avvenuto in Slovenia nel quale una persona era stata ferita da un trattore in retromarcia all’interno di un’abitazione. La Corte di Appello di Milano aveva respinto la richiesta ma ora, dopo 13 anni la vicenda assume connotati diversi.
In realtà, tra le maglie dell’assicurazione obbligatoria per i veicoli, in vigore dal 1969, il concetto di incidente in strada era stato in qualche modo già superato dalle deroghe che prevedevano l’operatività delle polizze di RC Auto anche nei cantieri edili, piuttosto che nei parcheggi sotterranei di un supermercato o nelle aree di una stazione di servizio.