Le api in città: cosa si fa per difenderle?

Tra gli abitanti della città si aggirano, in perfetto stile milanese, delle piccole creature perennemente indaffarate, le api.

Un insetto conosciuto fin dall’antichità per la produzione di miele e cera di cui si trovano tracce nell’antico Egitto come a Roma dove alcuni alveari sono stati ritrovati all’interno delle ville patrizie.
Negli ultimi anni, questo piccolo e utile insetto è diventato la prima sentinella del clima che sta cambiando, come noto in peggio. Le gelate fuori stagione così come la siccità le stanno mettendo in serio pericolo.
E poi, come spesso accade, c’è anche la mano dell’uomo, che di certo non aiuta.

Ho avuto modo di affrontare questo argomento in una chiacchierata con Giuseppe Manno fondatore di Apicoltura urbana, una realtà che porta avanti progetti educativi e di salvaguardia di questi insetti attraverso gli alveari urbani. E qui la prima sorpresa è stata scoprire che la città è un habitat congeniale e protetto per questo insetto perché nei fiori spontanei nei parchi o nei viali e in quelli dei balconi trova sempre del cibo, persino con una buona biodiversità. Non solo. Il famigerato smog milanese non le danneggia perché si deposita nella parte esterna del fiore e non nel cuore dove vanno a prendere il polline. Di conseguenza il miele prodotto in questi alveari non ne contiene alcuna traccia.

E quindi? la soluzione è trasportare le api in città?
Decisamente no e infatti Giuseppe, apicoltore con 20 anni di esperienza, che è stato tra i primi a portare in Italia l’idea dell’alveare urbano, ha deciso di puntare sulla didattica. Lo spunto gli è arrivato dalla Francia e dalla sua capitale, Parigi dove l’apicoltura urbana era già una pratica diffusa dapprima nei giardini del Luxembourg dove c’è una vera e propria scuola e poi in altri contesti come i musei, gli alberghi e i ristoranti che poi utilizzano miele e altri derivati.

Altrove in Europa questi alveari sono diffusi a Londra e a Berlino e in Olanda si stanno usando le pensiline dei tram e degli autobus per creare cespugli cespugli apposta per loro.
C’è anche chi, come nei paesi dell’Est Europa ha un alveare in giardino ma per questo, mi ha raccontato Giuseppe, il nostro paese non è ancora pronto. Può sembrare strano ma tra gli adulti c’è ancora molta confusione tra ape e vespa, tra chi è dannoso a prescindere e chi lo diventa solo se è attaccato.

Tornando al suo lavoro, che svolge insieme a Mauro Veca, suo socio nel progetto e a un network di alveari che ha già superato i confini della Lombardia, insegnare gli serve soprattutto a far conoscere.
E qui torna uno stereotipo che però ha un suo fondamento e che vede i bambini nati e cresciuti in città conoscere poco o nulla del mondo degli insetti, ape inclusa.

A questo si aggiunge il desiderio di far riscoprire la natura attraverso la consapevolezza di quanto sia importante la sua tutela.
A cominciare dai bambini che hanno sempre uno sguardo curioso e il desiderio di capire il perché delle cose. Lo si vede quando arriva la possibilità di toccare con mano il miele mettendo il dito nel favo, il tutto mentre le api sono al lavoro. E qui, ha raccontato Giuseppe, vedi la differenza tra lo sguardo velato di apprensione dei genitori e i bambini che seguono le istruzioni di Mauro e portano a casa “il premio” pieni di entusiasmo.


A queste intenzioni si somma l’impegno a far proliferare questi insetti.
Il vero nemico dell’ape è infatti il cambiamento climatico che, a cascata, creerà problemi anche alla produzione di frutta e verdura perché l’impollinazione che fa crescere i frutti avviene proprio grazie alle api. Anche la produzione di miele è un indicatore del loro stato di salute, basti pensare che la produzione annuale di miele di acacia in Lombardia è scesa da 15 chili di qualche anno fa a uno solo nell’anno in corso. Questo perché le api si trovano senza nutrimento e sono disorientate al punto che per i suoi alveari Giuseppe ha dovuto usare il nutrimento artificiale degli sciroppi zuccherini.

Avere cura delle le api in città, infine significa dialogare con le istituzioni e fornire indicazioni come prendersi cura del verde urbano, per esempio suggerendo quali cespugli scegliere per rinverdire la città o agire in maniera diversa sullo sfalcio dei prati.

Un’ultima curiosità che mi ha regalato questa conversazione è il connubio arte-api. All’interno dei giardini della Triennale, infatti c’è una struttura che si chiama Honey Factory realizzata da Francesco Faccin.
Ha creato una casetta di legno dotata di un camino per l’entrata e l’uscita delle api che racchiude al suo interno degli alveari. Attraverso una chiusura a vetro bambini e adulti si possono avvicinare e osservare la vita delle api mentre all’interno ci sono condizioni climatiche e di luce ideali per loro.

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