Rozzano sfruttata dal rapper Fedez per vendere i suoi dischi. Ma il sindaco non ci sta: “Qui gente per bene, basta dare etichette”
Lo storytelling del comune dell’hinterland milanese è stato infangato a scopi prettamente commerciali. Rozzano usato dal rapper Fedez come racconto di una periferia malfamata, dal quale lo stesso cantante aveva urlato: “Lo ammazzo, sono di Rozzano”.
Ma il sindaco del comune milanese e le associazioni non ci stanno e avevano replicato: “Qui la gente è per bene, basta dare etichette sbagliate”.
Rozzano, comune periferico di Milano, è stata per diverso tempo una delle realtà più incasinate della malavita milanese. La sua decadenza, la problematicità e la povertà di chi viveva nel quartiere Aler, hanno appiccicato a Rozzano l’etichetta del luogo dei grandi traffici di droga e autoradio rubate.
Così, tra le nuove generazioni del centro di Milano la frase “Quelli di Rozzano fanno brutto”, rimbalza di bocca in bocca e si allarga sino a raggiungere le vicine campagne Pavesi. E poi c’è anche chi canta di Rozzano, tanto da diventare sinonimo di chi fa paura e di chi non ha paura.
E in tutto questo c’è Fedez che in discoteca urla a squarciagola, durante la rissa con il personal trainer Cristiano Iovino: “Lasciatemi stare, l’ammazzo, sono uno di Rozzano”. Ma nonostante l’orgoglio delle proprie radici il rapper, a Rozzano non c’ha mai vissuto, essendo, anzi cresciuto a Buccinasco. Anche la mamma di Federico Lucia, Tatiana, vive in realtà nella frazione di Valleambrosia, dall’altro lato della Tangenziale. Così un giovane, intervistato dal Corriere, risponde: “E chi l’ha mai visto Fedez a Rozzano?”.
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Appena un anno fa proprio Fedez ha inaugurato uno skate park proprio nel quartiere dei Fiori, a Rozzano, staccando un assegno da 130 mila euro consegnato nelle mani del sindaco Gianni Ferretti. Lo stesso primo cittadino che, pur senza mettere in ballo il rapper, aveva replicato alle sue parole:
“La nostra è una comunità di gente per bene, persone oneste che vivono la città ogni giorno con senso civico, rispetto delle regole e attenzione al bene comune che non hanno nulla a che fare con la malavita”. A corollario un elenco infinito di firme tra presidenti di associazioni di volontariato, presidi e preti.
Nelle canzoni dei rapper si parla di droga, pallottole e violenza. Il mito di “Rozzangeles”, dunque, è tutta una farsa che serve a vendere dischi e questo anche a costo di mentire. Le contraddizioni di Rozzano, malavita o meno, restano un punto interrogativo che pesa sul cuore di chi vive davvero l’hinterland milanese.