L’Approfondimento: il 1969, capitolo quarto

Con il quarto appuntamento su quanto accadeva nel 1969 andremo subito sull’evento del Luglio. Quello del giorno venti.

Precisamente, nella notte tra il 20 e il 21, per l’Italia, Neil Armstromg e Buzz Aldrin sono stati i primi uomini a mettere piede sulla Luna.

Con esatezza alle 20:17:40, stando alla misura temporale convenzionale e internazionale, i due astronauti americani scendevano con il modulo lunare (denominato Eagle) sulla superficie indicata dalle mappe come il Mare della Tranquillità.

La missione lunare Apollo 11 era partita con un equipaggio di tre uomini. Con Armstromg e Aldrin c’era il pilota Michael Collins. Si trattava della quinta missione del programma NASA e fu lanciata da Cape Canaveral, in Florida, il 16 Luglio. Inutile sottolineare l’evento. Fu l’epocale risultato di una corsa (un’autentica sfida) verso lo spazio che gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica avevano intrapreso fin dagli anni ’50.

Jurij Gagarin

La competizione extraterrestre entrò nel vivo nel 1961 e i sovietici parvero in vantaggio. Fu il colonnello, Yuri Gagarin, il primo uomo a volare nello spazio. Gli americani avevano in serbo sorprese e si applicarono con grande capacità ad ottemperare ciò che il Presidente Kennedy aveva promesso al Congresso nel maggio del ’61: “Credo che questa nazione si impegnerà a raggiungere l’obiettivo, prima della fine del decennio, di far atterrare un uomo sulla Luna e di farlo tornare, sano e salvo, sulla Terra” Queste parole passavano sotto il titolo di Urgenti Necessità Nazionali.

Tutta la missione fu un successo strepitoso. Gli astronauti restarono sul suolo lunare 21 ore. Il volo si concluse con un ammaraggio il 24 luglio, nell’Oceano Pacifico.Neil Armstrong (1930-2012); Buzz Aldrin (1930) e Michael Collins(1930) furono accolti come eroi nazionali.

In seguito raccontarono la loro esperienza descrivendo la bellezza del nostro pianeta visto dalla loro nave spaziale. Confermarono le parole di Gagarin il quale aveva descritto la Terra come una cosa magnifica che “…vista da lassù non aveva confini…”.

L’allunaggio di Eagle fu seguito in diretta televisiva da tutto il mondo.

In Italia, come spesso accade, si registrò un piccolo malinteso tra i due giornalisti che coprivano l’evento per conto della RAI: Tito Stagno e Ruggero Orlando. Stagno era negli studi di Roma, Orlando a Houston, presso la sede spaziale americana. Tito Stagno annunciò lo sbarco con molti secondi d’anticipo mentre Ruggero Orlando lo fece dieci secondi dopo. Ne scaturì un battibecco tra i due durante le fasi cruciali, tanto da distrarre il pubblico dalla diretta. Poco male. Sia Tito Stagno (1930) che Ruggero Orlando (1907-1994) per noi, furono e sono ancora, due valorosi maestri di giornalismo radiofonico e televisivo.

Poco tempo prima che le astronavi sottraessero dei segreti allo spazio se ne andava, per sempre, uno dei musicisti dall’indiscutibile carisma. La sua scomparsa si collocava in un periodo dove la musica simboleggiava un fattore irrinunciabile per tutti i giovani.

Il 3 Luglio, moriva Brian Jones dei Rolling Stones.

Keystone, Hulton Archive, Getty Images

Il suo corpo venne trovato nel fondo della piscina della sua casa di Hartfield. Aveva solo 27 anni. Brian Jones era considerato, in quell’epoca, uno degli strumentisti poliedrici dell’area rock-blues britannica. Ciò gli valse un ruolo fondamentale nel sound degli Stones. Suonava tutti gli strumenti a corde, il piano e gli strumenti a fiato. Tuttavia, poco tempo prima della sua scomparsa, qualcosa si era rotto con gli atri componenti della band. Forse questo gli provocò uno stato depressivo. L’abuso di droghe e alcol, non fu d’aiuto. Tutt’altro. Contribuì a peggiorare la situazione.

Ci piace ricordarlo per quello che ha dato alla musica. Brian Jones, con le sue conoscenze era, di certo, più preparato di Richards, Jagger, Wyman e Watts. Amava la musica classica. A 14 anni, fan del jazzista Charlie Parker, suonava il sax regalatogli dalla madre. Quando arrivò alla chitarra i suoi gusti si rivolsero al blues, al seguito di sonorità sentite da Muddy Waters. Non fu casuale che proprio Jones, fondatore del gruppo, trovò il nome alla band chiamandola come una canzone del grande artista del Mississipi. Infatti in un pezzo di Waters (Mannish Boy) c’è una strofa che dice: “I’m a rollin’ stone” (Sono una pietra che rotola) e da quelle parole venne il nome dei Rolling Stones.

8 APRILE 1967 MILANO – CONCERTO DEI ROLLING STONES AL PALALIDO. NELLA FOTO IL CANTANTE MICK JAGGER, MUSICISTI, BAND, ROCK, GRUPPO MUSICALE, INGLESE, MICROFONI, CHITARRISTA, PALCOSCENICO, MUSICA, ITALIA, ANNI 60, B/N, 728278/103

Gli Stones vennero a Milano l’8 aprile del 1967. La loro presenza al Palalido era inserita in un tour italiano comprendente anche Roma, Bologna e Genova. Il programma prevedeva due spettacoli: pomeriggio e sera. Una curiosità: presentava Silvio Noto, già avanti negli anni e non certo un cultore del rock-blues. I gruppi di contorno si chiamavano, Stormy Six (non ancora assorbiti dalla sfera politica) I Messaggeri e nientemeno che Al Bano, definito nella presentazione, con una qualche ed evidente approssimazione culturale, il James Brown italiano.

Chi scrive faceva il soldato, in servizio di leva obbligatoria, alla Cecchignola di Roma. Insieme a due altri commilitoni di Firenze vidi, al Palazzetto dello Sport, tutti e due i concerti tenuti nella capitale. La play list (una decina di brani) non si rivelò ricchissima. Di sicuro fu coinvolgente. In quella occasione notai come Brian Jones fosse meno complice verso i contorcimenti di Keith Richards o alle corsette di Mick Jagger. Nulla tolse alla sua presenza. Brian Jones era là, da constatare. E non solo, vi assicuro, per la stravagante nota disegnata dai colori delle sue giacche. Se ne stava in disparte, ecco tutto. Quasi a formare una base ritmica allargata, insieme al bassista Wyman e al batterista, Watts.

E pensare che ne sapeva più di tutti.

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