Sentieri+di+Celluloide+%3A+Sbatti+il+mostro+in+prima+pagina
milanocityrumorsit
/cultura-e-spettacolo/sentieri-di-celluloide-sbatti-il-mostro-in-prima-pagina.html/amp/

Sentieri di Celluloide : Sbatti il mostro in prima pagina

Sentieri di Celluloide

– Milano nel cinema –

——————————————————————————————————————————

“SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA”

Ero bambino alla fine degli anni quaranta, anno in cui l’educazione cattolica era fondata sul terrore della minaccia comunista e della morte. Non ricordo momenti di esaltazione del credente, ma solo una richiesta di martirio.

Il messaggio che arrivava a noi bambini era questo: il comunismo avrebbe scristianizzato il mondo e l’unica salvezza sarebbe stata trasformarsi in martiri.

( Marco Bellocchio )

In Italia il filone del genere sociale-politico prende vita agli inizi degli anni 60, con due titoli che puntano il dito nei confronti della società investita dal boom economico, che iniziava a mostrare le prime crepe e contraddizioni, firmate da Francesco Rosi : “Salvatore Giuliano“, del 1962, inchiesta dove si ipotizza i possibili rapporti tra politica e mafia, e : “Le mani sulla città” , del 1963, in cui si denuncia il possibile intreccio tra politica e speculazione edilizia. Il genere si consolida nei primi anni settanta, quando la strage di Piazza Fontana a Milano, e la misteriosa morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, segnano il confine tra la stagione ormai conclusa, quella dei favolosi anni ’60, carichi di promesse e speranze, e i decenni successivi, che preannunciano la crisi economica e la minaccia del terrorismo.

Nel 1972, Marco Bellocchio, cineasta anticonformista attento allo sgretolamento dei valori sociali, porta sul grande schermo: “Sbatti il mostro in prima pagina“, opera che mette in evidenza gli stretti legami tra stampa, politica e forze dell’ordine, come un importante giornale possa manipolare l’informazione pubblica, e lo svolgersi delle stesse vicende, per cercare di indurre una precisa reazione nell’elettorato.

Il film è interpretato da Gian Maria Volonté, punta del cinema di impegno civile di quegli anni, considerato uno dei maggiori protagonisti della storia del cinema italiano, tanto da essere definito: ‘Un attore in divisa da guerrigliero‘ , icona di un certo cinema, quello dei film inchiesta, nell’intento di scuotere le coscienze e l’opinione pubblica.

Io accetto un film o non lo accetto in funzione della mia concezione del cinema. E non si tratta qui di dare una definizione del cinema politico, cui non credo, perché ogni film, ogni spettacolo, è generalmente politico.

Il cinema apolitico è un’invenzione dei cattivi giornalisti. Io cerco di fare i film che dicono qualcosa sui meccanismi di una società come la nostra, che rispondono ad una ricerca di un brandello di verità. Per me c’è la necessità di intendere il cinema come un mezzo di comunicazione di massa, così come il teatro, la televisione.

Essere un attore è una questione di scelta che si pone innanzitutto a livello esistenziale: o si esprimono le strutture conservatrici della società e ci si accontenta di essere un robot nelle mani del potere, oppure ci si rivolge verso le componenti progressiste di questa società per tentare di stabilire un rapporto rivoluzionario fra l’arte e la vita.

( Gian Maria Volonté )

 

Milano, 8 marzo 1972 : alla vigilia delle elezioni, in un clima politicamente caldo, nella redazione del quotidiano borghese “Il giornale“, il redattore capo, Giancarlo Bizanti, su invito della proprietà, segue gli sviluppi di un omicidio a sfondo sessuale in cui è rimasta vittima una giovane studentessa, trovata violentata e strozzata in un prato nella periferia della città. Sentito il parere dell’ingegnere Montelli, finanziatore editoriale, il redattore capo ne costruisce un caso allo scopo di incastrare un militante della sinistra extraparlamentare, e strumentalizzare politicamente la vicenda. La campagna mediatica sortisce l’effetto sperato, e il mostro viene condannato innanzitutto sulle prime pagine dei giornale.

La condanna, in primis morale, aiuta l’area reazionaria a screditare gli ambienti della sinistra nella fase elettorale. Quando un giovane giornalista principiante, incaricato di seguire il caso, scopre che il vero colpevole è un’altra persona, il bidello della scuola frequentata dalla vittima,  Bizanti manipola le notizie ottenute, consegnando alla polizia, alla magistratura e all’opinione pubblica un innocente, e anziché rivelare il nome del vero assassino, licenzia il giornalista, e su suggerimento del suo editore, sospettato di finanziare il gruppo di squadristi di estrema destra, tiene segreta la verità fino a quando si conoscerà l’esito delle elezioni.

Marco Bellocchio fa del quotidiano “Il Giornale” il protagonista del film, che non ha nulla a che vedere con l’omonimo “Il Giornale”, che verrà fondato a Milano, da Indro Montanelli 2 anni dopo l’uscita della pellicola, il 25 giugno 1974.

Il film si apre in Piazza Castello, a Milano, con alcune riprese reali, durante il comizio della maggioranza silenziosa, un comitato anticomunista a cui aderivano esponenti democristiani, fascisti, liberali e monarchici, con oratore un giovane Ignazio La Russa.

I titoli di testa, accompagnati dalla colonna sonora composta da Nicola Piovani, appaiono sulle immagini degli scontri tra opposte fazioni che sconvolgono le vie del centro cittadino. Il corpo della studentessa assassinata viene trovato nei prati di via Giorgio Gaber,  sull’ Alzaia Naviglio Pavese. L’istituto frequentato dalla vittima è il liceo scientifico Leonardo Da Vinci , in via Filippo Corridoni. Gli uffici del quotidiano “Il giornale” sono siti in uno storico palazzo in via Lorenzo Mascheroni, in zona Mario Pagano.

Nello stesso anno, 1972, Gian Maria Volonté, tornerà a girare a Milano, diretto da Francesco Rosi in “Il Caso Mattei“, dedicato alla figura di Enrico Mattei, presidente dell’ ENI, morto in un attentato aereo il 27 ottobre 1962.

 

Ma questa è un’altra storia…

“A ben Arrivederci”

Joe Denti