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Per i film d’azione mancano i soldi per gli effetti speciali, per i thriller forse le idee
(Sergio Martino)
I miei gusti cinematografici sono completamente diversi dai miei ruoli. A me piaceva la commedia sofisticata, la screwball comedy di Cukor, di Hawks, di Capra. Io sono nato per fare lo stronzo su questi set. Odiavo la comicità di gesti alla De Funes, per questo lasciai a Tomas Milian il ruolo di Monnezza…
(Luc Merenda)
“Più che l’estro artistico, la prima cosa nel cinema e la puntualità. Io arrivo sul set sempre in anticipo, perché un ritardo può bloccare tutta la produzione”
( Sergio Martino )
Per il ruolo del “Commissario di ferro” Martino sceglie come protagonista Luc Merenda, l’attore francese dal cognome italianissimo (di origini italiane da parte del nonno paterno), ha tutte le caratteristiche che il regista desidera. Viso scolpito e ciuffo ribelle, che ricorda il più famoso “Ispettore Callaghan”, dotato di un fisico atletico, coltivato con un continuo allenamento praticando sport da combattimento in particolare “La Savate”, paracadutismo e motociclismo. Il suo indiscutibile charme lo porterà a diventare, assieme a Maurizio Merli e Franco Gasparri, un’ icona del poliziesco italiano anni ’70.
Il commissario di polizia Giorgio Caneparo, è un funzionario al servizio della legge dai metodi piuttosto spicci e brutali che, a causa del suo comportamento viene trasferito da Milano a Novara. Una mattina viene chiamato per intervenire alla cattura di due detenuti evasi dal treno durante un trasferimento, che hanno assassinato i carabinieri della scorta, per poi uccidere senza pietà un padre e la giovanissima figlia, rubando l’auto. I fuggiaschi si rifugiano in un area rurale, ma vengono individuati dalle forze dell’ordine. Quando si arrendono alzando le mani in segno di resa, il commissario li uccide entrambi. Rispedito a Milano, viene accolto con una serie di ammonimenti dal suo collega e amico commissario Del Buono, che gli rivela la sua indagine in corso su una serie di rapine in tutto il nord Italia, dietro le quali sospetta che si nasconda una misteriosa organizzazione criminale. Quando Del Buono viene freddato da un killer, Caneparo, nonostante sia stato sospeso dal servizio a causa dell’omicidio dei due detenuti, decide di indagare autonomamente sulla morte del collega. Per condurre le sue indagini decide di infiltrarsi nella malavita, spacciandosi per un “magnaccia”, ingraziandosi le simpatie di una prostituta, facendosi raccomandare da un delinquente per entrare nella banda che organizza le rapine conquistando la fiducia di “Il Padulo” (Richard Conte), a capo dei rapinatori. Continuando ad indagare scopre che “Il Padulo” è in realtà un dottore, noto professionista di Bergamo, e cerca in tutti i modi di far venire a galla la sua vera identità. Caneparo rintraccia il dottore e dopo una furibonda lite lo colpisce scaraventandolo a terra facendogli sbattere la testa. In ospedale all’uomo viene dichiarata la morte cerebrale e l’ex commissario diventa ufficialmente ricercato per tentato omicidio. L’indagine lo porta a scoprire che la banda di rapinatori è protetta dal vice commissario Viviani, al quale gli fa credere che “Il Padulo” sia ancora vivo e che la sua morte cerebrale sia solo un trucco per tranquillizzare l’organizzazione. Viviani cade nel tranello e incarica un killer di assassinarlo nel letto dell’ospedale, ma il sicario verrà ucciso da Caneparo che rimane a sua volta ferito nella sparatoria. L’ex commissario vuole giustizia, rintraccia Viviani che fugge in automobile e nell’inseguimento cade in una scarpata morendo. Caneparo, consapevole di aver agito al di fuori della legge, si consegna nelle mani degli agenti arrivati sul posto.
Sergio Martino confeziona un film con una messinscena dal ritmo serratissimo, con spettacolari caroselli automobilistici e pestaggi furiosi, in cui l’azione si manifesta ad altissimo livello non avendo nulla da invidiare ai maestri d’oltreoceano. La pellicola si apre, con la colonna sonora firmata da Maurizio e Guido De Angelis, sui titoli di testa che accompagnano il commissario Caneparo verso casa, in una Novara fotografata alle prime luci dell’alba di un giorno autunnale. L’uccisione dei due pericolosi evasi dal treno è stata girata nelle campagne del novarese. La storia prosegue in una Milano ripresa in ampi spazi, sullo sfondo di periferie in cui si insinuano la campagna e tetri complessi popolari: via dei Missaglia, via Comasina, via Litta Modigliani, via Varsavia, via Pecetta, via Sesto San Giovanni.
Nell’inseguimento finale con il tragico epilogo, Luc Merenda guida una rara Iso Rivolta Grifo di colore grigio, ed è stata realizzata con inizio da Piazzale Lugano per finire al parco Monte Stella. Alcuni incidenti automobilistici, particolarmente efficaci, non inseriti nel montaggio, sono stati riutilizzati nel film: “Milano odia : la polizia non può sparare” diretto da Umberto Lenzi, l’anno seguente. Sergio Martino e Luc Merenda torneranno a girare insieme nel 1975 in “La polizia accusa: il servizio segreto uccide“.
Ma questa è un’altra storia…
Joe Denti