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“Un tale accortosi che i cretini erano la maggioranza, pensò di formare il ‘Partito dei Cretini’, ma nessuno lo segui. Allora cambiò nome al partito e lo chiamò ‘Partito degli Intelligenti’, e tutti cretini lo seguirono”.
(Dino Risi)
Nel 1959, Alberto Sordi, viene insignito della medaglia d’oro e premio: “Una vita per il cinema” con la seguente motivazione:
“Per la costante affermazione di una personalità che, rinnovando le tradizioni comiche italiane, ha dato vita a personaggi nei quali si riflettano costumi e valori umani del nostro tempo“.
E’ l’anno in cui escono 10 film da lui interpretati, tra i quali: “Il vedovo“, diretto da Dino Risi uno dei maestri del cinema italiano, vissuto in perfetta sintonia con la propria epoca, portando sul grande schermo ogni nuovo fenomeno di costume con una tempestività cronometrica, attraverso commedie capolavoro che ne testimoniano ai posteri lo splendore e la fragilità.
Il film, ambientato a Milano, si pone tra le vette più alte della commedia all’italiana, consegnandoci un formidabile esempio di noir, girato con una calligrafia filmica grottesca, frutto di una brillante sceneggiatura firmata da Rodolfo Sonego, tra migliori autori del genere che ha legato il suo nome a quello di Alberto sordi, compagno di numerosi successi che, come tradizione, si ispira in parte a un fatto di cronaca realmente accaduto, “Il mistero di via Monaci”, conosciuto anche come “Il caso Fenaroli”, un misterioso delitto avvenuto a Roma, il 10 settembre 1958, in via Ernesto Monaci al numero civico 21, nel quartiere Nomentano, un delitto che appassionò milioni di italiani.
La mattina del 11 settembre 1958, il corpo della signora Maria Martirano in Fenaroli, viene trovato cadavere nella cucina del suo lussuoso appartamento romano. L’ipotesi del furto, realistica ad una prima analisi per l’assenza di 400.000 lire in contanti e dei gioielli, viene successivamente scartata poiché l’assassino ha ignorato una cifra più ingente riposta nell’armadio della camera da letto del marito. Le indagini porteranno a dedurre l’ora dell’omicidio, avvenuto per strangolamento, tra le 23:30 e la mezzanotte. Tra i sospettati c’è il marito il geometra Giovanni Fenaroli, titolare della società edile Fenaroliimpresa, che vive a Milano.
L’alibi del marito regge, confermato dal ragioniere Egidio Sacchi, amministratore della Fenarolimpresa, dichiarando che il marito della signora Martirano era in sua compagnia fuori Roma.
Gli investigatori seguono comunque la pista dell’uxoricidio, commesso per tramite di un sicario, e dopo alcuni mesi vengono a capo dell’intricato mistero. Il ragionier Sacchi cederà ai continui interrogatori, confessando di essere stato messo al corrente dallo stesso Fenaroli, del piano diabolico per assassinare la moglie, per poter incassare la polizza assicurativa sulla vita del valore di 150 milioni di lire, convincendo il ventisettenne Raoul Ghiani, operaio della sua impresa, a sopprimere la moglie per un compenso di un milione di lire.
L’11 giugno 1961, La Corte d’Assise di Roma, condannò Fenaroli e Ghiani all’ergastolo. Il “Caso Fenaroli”, occupò per mesi le prime pagine dei quotidiani ed una volta approdato nelle aule dei tribunali, appassionò l’Italia, dividendola in “colpevolisti” e “innocentisti”, e fu la prima volta in Italia che il pubblico dedicò una ossessionante passione ad un caso di omicidio compiuto con determinazione è realizzato nei minimi particolari del cosiddetto “Delitto perfetto”.
Fu un articolo di Indro Montanelli a stimolare Dino Risi nel concepire una storia legata al “Caso Fenaroli”. Montanelli, convinto che il denaro non sia stato il vero traguardo di Fenaroli ipotizzò una interpretazione di tipo psicologico, scrivendo: “Probabilmente l’odio per la Martirano gli nacque in corpo il giorno in cui, come prima o poi capita in tutti i mariti, si accorse che lei lo vedeva come era e non come lui si sforzava di sembrare: un pover uomo qualunque”.
“Carissimo Lambertoni! Questa non me l’aspettavo, che bella cera che ha! Ma cosa fa chi a Milan con stu cald ?”
(Alberto Sordi)
Alberto Nardi è un giovane industriale Romano megalomane e dalle scarse capacità, sposato con Elvira Almiraghi, interpretata da Franca Valeri, una donna d’affari dell’alta borghesia milanese abile e spregiudicata, proprietaria di un immenso patrimonio economico, alla quale il marito ricorre quando ho bisogno di denaro per tenere a galla la sua ditta di ascensori, sempre pericolosamente sull’orlo della bancarotta.
Nardi ha bisogno di continui finanziamenti e poiché nessun istituto di credito è disposto a concederglieli, se non garantiti dalla moglie, la quale si rifiuta a causa delle sue continue fallimentari iniziative, è vittima degli usurai.
Continuamente umiliato dalla consorte sia in privato che in pubblico lo chiama “Cretinetti”, comincia a pensare come impossessarsi del patrimonio della moglie. La fortuna sembra essere dalla sua parte, quando giunge la notizia che il treno su cui viaggiava Elvira, verso la svizzera, deraglia e il vagone precipita nel lago.
Apparentemente non ci sono superstiti e il vedovo si trova erede del patrimonio della signora Almiraghi. Ma proprio durante l’attesa della salma, per la veglia e la cerimonia funebre, la defunta appare viva e vegeta, una telefonata di un collaboratore del marito le aveva fatto perdere il treno.
Colto da una profonda crisi nervosa si ritira in convento per alcuni giorni e ne esce con le idee chiare, se l’incidente non è venuto ne provocherà uno lui, spingendosi al concepimento del delitto perfetto. Un piano diabolico, cronometrico, sincronizzato nei minimi dettagli. Quello di far precipitare Elvira dalla tromba dell’ascensore, dal 19esimo piano della Torre Velasca, simulando una tragedia disgrazia, ma il suo progetto, come tradizione fallisce e ne rimane lui stesso vittima.
“Io e Sordi eravamo in grande forma”
(Franca Valeri)
Franca Valeri, straordinaria protagonista del cinema italiano, capace di rendere simpatica anche l’antipatica in numerose commedia all’italiana, a scelto proprio “Il vedovo”, in ricordo della sua carriera proiettato nell’ambito di “Cinema a Palazzo Reale”, la rassegna Torinese curata in collaborazione con i Musei Reali e il museo Nazionale del Cinema. L’attrice, che ha compiuto il novantasettesimo compleanno, il 31 luglio 2017, ha accompagnato la visione del film con un video ricordo della redazione de “La Stampa” di quella indimenticabile esperienza.
Gli esterni del film sono stati girati a Milano ( gli interni negli studi di Cinecittà a Roma ), divisa in storicità e modernità.
La banca dove il Nardi si reca, a bordo della Lancia Flaminia, a chiedere l’ennesimo credito per pagare i debiti accumulati e dove lo aspettano i creditori all’entrata, è la sede della Banca Commerciale in Piazza della Scala, a due passi dal celebre teatro.
Il prestigioso appartamento dove vive la coppia protagonista si trova al diciannovesimo piano della Torre Velasca, che si innalza nell’omonima piazza, all’inizio di via Larga.
Dino Risi fotografa la torre in tutto il suo splendore architettonico, simbolo del costante progresso milanese. Alta 106 metri è realizzata su 26 piani, i primi 18 sono occupati da negozi e uffici, mentre i successivi fino al 26esimo sono destinati ad appartamenti privati.
Terminata ed inaugurata nel 1957, la sua caratteristica forma a “Fungo”, accentuata dalle travi oblique, che sorrergono gli ultimi otto piani, fu centro di ironici commenti dei milanesi che battezzarono l’edificio : “Grattacielo delle giarrettiere”.
In campo cinematografico è tra i luoghi di altri celebri titoli ambientati a Milano tra i quali : “Milano calibro 9”, diretto da Ferdinando Di Leo, nel 1972…
Ma questa è un’altra storia…
Joe Denti