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Cultura e Spettacolo

Milano, manifestazione lavoratori Rai: problemi per la rete pubblica

La data che fa clamore è il 2029 e il nuovo centro produzioni a MiCo (Portello): capiamo cosa sta accadendo e perchè si è manifestato.

La Rai è al centro dell’attenzione negli ultimi giorni non solo per la sfida di ascolti con Mediaset, ma anche per la presentazione del palinsesto 2026. Grande attesa per i titoli annunciati, tra i quali spiccano Don Matteo, Mare Fuori, Rosso Volante e Franco Battiato.

Manifestazione lavoratori Rai, cosa succede tv pubblica – milano.cityrumors.it

Così all’Auditorium Parco della Musica di Roma, con alla conduzione Alberto Matano, sono state rese note le prossime ben 35 serie tv di Rai Fiction. Mentre però si guardavano le nuove proposte, qualcosa si muoveva tra gli addetti ai lavori che con una manifestazione hanno dimostrato il loro dissenso: capiamo cosa accade nella tv pubblica.

Rai Milano, manifestazione: il perchè dietro il dissenso

Martedì 16 dicembre, nel cuore della città, davanti alla storica sede di corso Sempione, i lavoratori della Rai si sono ritrovati insieme. Non per un gesto simbolico, ma per difendere un’idea di lavoro, di identità e di futuro. La manifestazione è nata, come riporta MilanoToday.it, nello stesso giorno in cui l’azienda ha comunicato che nel nuovo centro di produzione al Portello, all’interno dell’area MiCo, non ci sarà alcun trasferimento di personale prima del 2029. Una data che, per chi vive quotidianamente quegli spazi, non suona molto bene e si carica di interrogativi.

Secondo i rappresentanti sindacali e le redazioni coinvolte, quella data non è un dettaglio tecnico, ma un segnale preciso. L’assenza di trasferimenti verso il nuovo polo produttivo per diversi anni viene letta come l’anticamera di una soluzione temporanea che preoccupa profondamente i lavoratori. Al centro delle tensioni c’è l’ipotesi di uno spostamento nella sede di via Mecenate, una struttura considerata inadeguata per numeri, spazi e funzionalità.

Rai Milano, manifestazione: il perchè dietro il dissenso – milano.cityurumors.it

Chi lavora da anni in corso Sempione conosce bene le esigenze operative della tv pubblica. Studi, redazioni, reparti tecnici e giornalistici non sono semplici uffici, ma ingranaggi di un sistema complesso che richiede continuità, coordinamento e infrastrutture adeguate.

Via Mecenate, secondo le stime interne, potrebbe accogliere poco più di duecento persone, mentre il personale attualmente operativo sarebbe di molte centinaia in più. Questo squilibrio alimenta il timore che la sede storica venga progressivamente svuotata prima ancora che il nuovo centro sia realmente pronto.

I lavoratori parlano apertamente di una scelta antieconomica e priva di una visione industriale solida. Ricordano che il piano immobiliare originario prevedeva una permanenza in corso Sempione fino al completamento effettivo del nuovo polo produttivo al Portello. In quella cornice si parlava di una soluzione temporanea chiara, coerente e soprattutto sostenibile. Oggi, invece, la sensazione diffusa è che le regole siano cambiate senza un confronto trasparente.

Una sede e una promessa mancata

Corso Sempione non è solo un indirizzo. E’ un luogo che ha accompagnato decenni di informazione, cultura e servizio pubblico. Per questo motivo l’idea di lasciarlo senza una destinazione definitiva, o peggio ancora di abbandonarlo in anticipo, viene vissuta come una rottura profonda.

Durante l’assemblea aperta, i lavoratori hanno ribadito una posizione netta e condivisa. Da corso Sempione si andrà via solo quando il nuovo centro di produzione sarà pienamente operativo, funzionante e in grado di accogliere tutti. Non prima, non a metà, non con soluzioni tampone che rischiano di compromettere il lavoro quotidiano e la qualità dell’informazione.

La protesta di Milano non parla solo di spazi fisici, ma di rispetto professionale e di credibilità aziendale. Chi lavora nella tv pubblica rivendica il diritto a decisioni chiare, coerenti e motivate, soprattutto quando incidono sulla vita di centinaia di persone. La scelta di rimandare ogni trasferimento al 2029 apre una fase delicata, fatta di attese, timori e domande ancora senza risposta.