“Io sono un privilegiato, oggi che ho 90 anni, mi posso solamente lamentare che la vita diventa breve ma per il resto mi dico: cosa vuoi di più? Non vado più al cinema, ma conosco il cinema. Il romanzo? Conosco il romanzo. So cosa sono i grandi con cui non potevo gareggiare. Ho avuto la possibilità di rompere una realtà e di fare di questa realtà un premio”.
(Nelo Risi)
Nelo Risi, fratello di Dino, uno dei maestri del cinema italiano e tra i più rappresentativi registi della commedia degli anni sessanta, è stato tra i maggiori poeti della generazione post-ermetica. Seguendo l’ideale di una poesia “pura”, libera da ogni finalità pratica, essenziale, senza scopo educativo, che nel senso della solitudine disperata dell’uomo moderno che ha perduto la fede negli antichi valori trova il suo tema centrale. Dagli inizi degli anni ’50 affianca all’attività letteraria quella di regista, realizzando 8 film, quasi tutti centrati sull’analisi psicologica e legando il suo nome soprattutto a Diario di una schizofrenica, diretto nel 1968.
La cosa importante è che una situazione di prosa, cioè giornalistica, si possa tradurre, con un rispetto maggiore e un’inventiva libera, in poesia.
(Nelo Risi)
Nel 1973 Nelo Risi porta sul grande schermo una pellicola di assoluto valore storico-culturale, La Colonna Infame, basata sul saggio “Storia della colonna infame” scritto da Alessandro Manzoni e legato allo stesso periodo storico nel quale sono ambientati I Promessi Sposi. La vicenda narra del processo intentato a Milano durante la terribile peste del 1630 contro due presunti untori, ritenuti responsabili del contagio in seguito ad una accusa infondata da parte di una “donnicciola” del popolo.
Il processo, svoltosi storicamente nella primavera del 1630, decretò la condanna capitale dei due innocenti: il commissario di sanità Guglielmo Piazza e il barbiere Gian Giacomo Mora furono costretti ad accettare la colpa in seguito alla tortura.
La casa del Mora si spiani et in quel largo si drizzi una Colonna , la quale si chiami Infame et in essa si scrivi il successo, né ad alcuno sia permesso mai più riedificare detta casa.
(Sentenza data a Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora – 21 giugno 1630)
Piazza e Mora vennero giustiziati con il supplizio della ruota, in piazza Vetra. L’atroce esecuzione vedeva il condannato a morte legato ai polsi e alle caviglie ad una grande ruota e con una mazza gli venivano rotte le ossa di braccia e gambe. Talvolta al condannato veniva dato il colpo di grazia sullo sterno, oppure veniva lasciato agonizzate per ore, esposto al pubblico, prima di essere ucciso. La colonna infame fu eretta dal governo milanese durante la dominazione spagnola, all’angolo tra le attuali via Gian Giacomo Mora e corso di Porta Ticinese, come marchio d’infamia nei confronti dei due presunti untori. Fu demolita nel 1778 durante l’amministrazione di Maria Teresa d’Austria. La lapide che descrive gli avvenimenti e la pena inflitta ai colpevoli è oggi conservata nei musei del Castello Sforzesco.
Le capacità artistiche e letterarie di Nelo Risi confluiscono in un’opera di preziosa lettura, degna di rappresentare l’omaggio del cinema all’ombra del Manzoni, riunendo vari spunti di riflessione di carattere etico, storico e giuridico.
Il film vede protagonisti: Helmut Berger nel ruolo del Presidente della Sanità; Vittorio Caprioli e Francisco Rabal, rispettivamente Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora; Lucia Bosè nei panni della moglie di Mora.
La Milano seicentesca è stata ricostruita negli studi di Cinecittà, non trovando nel capoluogo lombardo luoghi adatti all’ambientazione della storia.
La Milano manzoniana ha trovato la sua massima rappresentazione cinematografica ne I Promessi Sposi, diretto da Mario Camerini nel 1941, con protagonisti Gino Cervi e Dina Sassoli. Per la consistenza dei mezzi tecnici e del cast messi in campo dalla produzione è da considerarsi, per quell’epoca, un kolossal.
Ma questa è un’altra storia…
Joe Denti