Una frode informatica messa in atto da una banda internazionale di truffatori che, online, riciclavano centinaia di migliaia di euro in criptovalute. Un arresto e 12 perquisizioni
L’indagine coordinata dalla Procura di Milano e condotta in Italia dagli agenti della Polizia di Stato del Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica Lombardia, ha portato in carcere una persona e sequestrati centinaia di migliaia di euro in criptovalute. Una vera e propria banda di truffatori internazionali informatici che agivano sul riciclaggio online di criptovaluta.
L’attività investigativa ha preso piede sulla base della denuncia presentata da due giovani imprenditori milanesi. Al momento sono in corso ben 12 perquisizioni domiciliari e informatiche e il sequestro di numerosi dispositivi elettronici. Un soggetto è finito in carcere.
L’indagine della Procura di Milano ha portato alla luce una rete transnazionale con basi in Italia, Francia e Romania, dedita a frodi informatiche e riciclaggio online di criptovaluta. Gli investigatori della Polizia Postale italiana, in collaborazione con i colleghi portoghesi nonché avvalendosi dell’aiuto degli specialisti di Europol, sono riusciti a ricostruire il complesso sistema ramificato online che ha mietuto vittime in tutta Europa con il “Rip deal”, ovvero un contorto raggiro tecnico-informatico che colpisce operazioni di scambio di valuta digitale.
La banda di truffatori, ora indagati, si fingevano rappresentanti di un fondo di investimento internazionale e alle vittime di turno proponevano, durante finti incontri d’affari che avvenivano in ristoranti o hotel di lusso, accordi economici per finanziare le loro attività imprenditoriali in fase di start-up.
Infine, gli indagati chiedevano una solida garanzia in denaro che poi spariva. Le truffe in Italia hanno interessato le città di Milano, Monza, Lodi, Roma, Torino, Cagliari e Nuoro.
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L’inchiesta diventata internazionale ha consentito di ricostruire i ruoli adottati dai singoli componenti della banda di truffatori. Tra questi c’erano quelli che adescavano le vittime e le incontravano nel locali di pregio delle città.
Questi erano originari dei Balcani e per lo più residenti in Francia. Poi nell’associazione c’erano le figure che si occupavano di riciclare la criptovaluta: questi erano in prevalenza di origine asiatica, ma abitavano in Italia.
Mentre, dall’altro lato della barricata c’erano le vittime. Tra queste risultano persone austriache, portoghesi, rumene, spagnole, svizzere e italiane. Tutte truffate con lo stesso modus operanti.
In italiano può essere tradotto come “affare sporco”, il “Rip Deal” come riporta il sito della Polizia cantonale, è una vera e propria truffa e consiste nella prospettiva di un’operazione di cambio estremamente vantaggiosa per le “vittime”. I truffatori riescono a consegnare del denaro falso di una determinata valuta, ricevendo banconote autentiche in un’altra valuta, a condizioni allettanti per la vittima.
Le vittime vengono contattate, normalmente tramite messaggi di posta elettronica, in risposta ad annunci immobiliari pubblicati dalle stesse vittime o per altri “progetti” ancora in erba. Nell’ambito delle trattative i truffatori propongono cambi di valuta a tassi molto vantaggiosi con il pretesto di pagare un acconto a garanzia di futuri impegni o come anticipo di un determinato finanziamento.
L’incontro per la conclusione dell’affare può avvenire in vari luoghi, come in stanze di grandi e rinomati hotel. Durante l’incontro dove avviene lo scambio delle valigette contenenti i soldi, i truffatori riescono a impossessarsi delle banconote vere e rifilano quelle false senza alcun sospetto per le vittime di turno. Alla fine della truffa, soldi in mano, la banda si dilegua ed è qui che la vittima si rende conto di essere stata truffata.