Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci furono uccisi nel lontano 1978. A distanza di decenni, la Procura di Milano riapre le indagini sul caso di omicidio dei due 18enni
Sono trascorsi ben 46 anni dalla morte dei due giovani, Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, detto “Iaio” e oggi la procura di Milano ha nuovamente riaperto un fascicolo d’indagine sul doppio omicidio avvenuto a Milano il 18 marzo 1978 nei pressi del centro sociale Leoncavallo, frequentato, all’epoca dei fatti dai due ragazzi 18enni.
Secondo le primissime informazioni giunte, al momento il fascicolo d’indagine è solo conoscitivo, dunque senza indagati né ipotesi di reato. Nei mesi precedenti il primo cittadino di Milano, Beppe Sala, aveva inviato una lettera al procuratore capo di Milano Marcello Viola, chiedendo formalmente la riapertura del caso.
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Mistero sulla morte di Fausto e Iaio
Il procuratore capo di Milano, Marcello Viola, ha affidato gli accertamenti del caso ai pm Francesca Crupi e Leonardo Lesti del dipartimento antiterrorismo. I due 18enni furono uccisi 46 anni fa due giorni dopo il sequestro di Aldo Moro. Fausto e Iaio, in quel periodo stavano conducendo un’indagine sullo spaccio di eroina in tre quartieri della periferia est di Milano: Casoretto, Lambrate e Città Studi.
In un secondo momento si apprende che lo spaccio di droga in quelle zone era gestito da ambienti della malavita organizzata vicinissimi all’estrema destra. All’epoca dei fatti si è ipotizzato che i due giovani furono stati uccisi a causa dell’inchiesta seguita sullo spaccio di sostanze stupefacenti ma, durante il corso delle indagini non si esclude anche un’altra pista. Ovvero che stessero raccogliendo prove sulla presenza di un covo delle Brigate rosse in via Montenevoso, dove Fausto abitava, non è stata esclusa come causa legata al delitto.
L’ipotesi è dunque che il duplice omicidio sia legato a questa scomoda inchiesta e che abbia una precisa matrice politica di estrema destra. Dopo il delitto, furono indagate infatti tre persone neofasciste: Massimo Carminati, Claudio Bracci e Mario Corsi, di cui il primo legato anche alla banda della Magliana. Ma nel 1999 il pubblico ministero Stefano Dambruoso chiese l’archiviazione, e nel 2000 la gip Clementina Forleo chiuse definitivamente l’inchiesta affermando che gli elementi a carico della destra eversiva e, dunque degli indagati, erano soltanto indiziari