Era stato ritrovato cadavere sulle sponde del fiume Adda dopo 3 mesi di ricerche, ora l’esame del Dna ne da conferma: è il 59enne Gianfranco Bonzi. Il custode di un palazzo a Milano non ha retto la delusione sentimentale
Il test del Dna ha spazzato via anche le ultime speranze di trovare in vita il 59enne Gianfranco Bonzi. Il cadavere ritrovato poco più di un mese fa sulle sponde del fiume Adda, in provincia di Cremona, appartiene al custode del palazzo in via Borgonuovo, quartiere Brera a Milano. L’esito degli esami genetici sul corpo ne danno la certezza assoluta.
Il 59enne aveva fatto perdere le sue tracce nel pomeriggio del 23 marzo scorso. L’ultima scena che riprende l’uomo proviene da un’immagine estrapolata dalle telecamere di sorveglianza della zona quando immortalano Bonzi uscire dal condominio dove lavorava trascinando un trolley. Aveva lasciato a casa cellulare, documenti e carte di credito e, camminando, non si era più voltato indietro.
Nei giorni precedenti la sua scomparsa, Gianfranco Bonzi aveva lasciato un messaggio chiaro sulla sua bacheca social. Su Facebook aveva scritto: “Questo è il mio ultimo post che pubblico e anche una delle ultime azioni della mia vita. La causa è una delusione amorosa che non sono riuscito a reggere”.
Le parole scritte nero su bianco avevano allarmato i familiari e gli amici del 59enne che, immediatamente, avevano temuto il peggio per l’uomo. Dalla sua scomparsa, avvenuta il 23 marzo, passano i mesi e il 22 giugno alcuni pescatori avvistano un cadavere: è quello di Bonzi. Il corpo viene recuperato dai vigili del fuoco.
Sin dal primo esame effettuato sul corpo, la causa della morte sembra il suicidio: nessun segno evidente di violenza su quel cadavere irriconoscibile dalla prolungata permanenza in acqua. Molto probabilmente il custode di Brera si è buttato di sua spontanea volontà nel fiume Adda che, tre mesi dopo l’insano gesto, ne ha restituito i resti nel territorio del Comune di Crotta d’Adda.
Era stato il figlio Luca a denunciare la scomparsa del padre, Gianfranco Bonzi subito dopo aver letto quel messaggio d’addio lasciato dal 59enne sui social. Si era diretto presso la stazione dei carabinieri di Rosate facendo partire immediatamente le ricerche e l’inchiesta della Compagnia di Abbiategrasso.
Ora, dopo la notizia certa dell’esito del Dna sul corpo rinvenuto a fine giugno, Luca scrive commosso un pensiero al padre: “Quello che aveva detto alla fine ha fatto! Mi sento sereno e distrutto! Riposa in pace papà. Non importa cosa hai fatto: ti ameremo tutti per sempre, non soffrire più e ti prego guardami ora più che mai”.
Nelle settimane successive alla scomparsa l’ipotesi degli investigatori, avvalorata anche dalle confidenze che il 59enne avrebbe fatto ad alcuni parenti prima di sparire, è che Bonzi sia finito nella trappola di una truffa sentimentale. Qualcuno con un profilo falso con la foto della cantante inglese Dua Lipa lo avrebbe circuito facendogli credere di avere una relazione sentimentale al punto tale che l’uomo, caduto nella trappola, aveva inviato 5.100 euro in bitcoin tramite un’applicazione. Successivamente, la cocente delusione provocata dalla scoperta dell’essere stato truffato sui sentimenti ha avuto un ruolo cruciale nella drammatica scelta di Bonzi di farla finita.
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In seguito alla scomparsa e all’ipotesi investigativa su una probabile truffa, la Procura di Milano aveva aperto un fascicolo per istigazione al suicidio già a fine marzo, in modo da far chiarezza sull’accaduto.
Gli uomini dell’Arma dei carabinieri specializzati in indagini telematiche del Comando provinciale di via Moscova a Milano hanno analizzato ogni chat, immagine, indirizzo mail e domini elettronici. Un groviglio virtuale di imbrogli che convergono ad un’unica soluzione, quella della truffa pensata da una banda di malviventi seriali con base all’estero, che colpiscono sul web senza lasciare tracce ma solo vittime, come Gianfranco Bonzi.