Venerdì sera l’omicidio nel carcere di Opera. Vittima colpita alla testa, poi al corpo e infine strangolata: ecco di chi si tratta
Shock nel carcere di Opera, a Milano. Venerdì sera un detenuto è stato colpito mortalmente dal compagno di cella: prima sarebbe stato colpito alla testa e al corpo e, infine, l’omicida gli avrebbe stretto una cintura di un accappatoio intorno al collo fino all’ultimo respiro. Ecco chi era la vittima: aveva 68 anni e proveniva da Bari.
Tutto è successo verso le 22,30, quindi un paio d’ore dopo la chiusura delle celle che avviene alle otto e mezza di sera. L’omicida avrebbe prima tramortito la vittima con dei colpi al cranio, forse con l’ausilio del bastone della scopa e, infine, avrebbe concluso l’operazione mediante la cintura dell’accappatoio. I motivi sembrano, al momento, del tutto banali e legati alla condivisione degli spazi della cella: ecco chi sono omicida e vittima.
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A perdere la vita è stato Antonio Magrini, 68enne compiuti a fine marzo. Originario di Bari, si trovava in carcere per droga da ottobre 2023 e si era consegnato autonomamente dopo una condanna definitiva. A ucciderlo, invece, sembra che sia stato il compagno di cella Domenico Massari, 58enne pugliese in carcere per omicidio.
Domenico Massari era stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Deborah Ballesio, ex compagna di 40 anni che aveva ucciso con sei colpi di pistola. L’omicidio era avvenuto nei bagni Acquario di Savona in Liguria, dove lei stava cantando. Nel raid Massari aveva anche ferito una bambina e, dopo una fuga di 24 ore, si era poi consegnato spontaneamente al carcere di Sanremo. Sembra che l’uomo avesse motivato quell’omicidio con questioni legate a dei soldi che, a suo dire, gli sarebbero stati sottratti dall’ex compagna.
Massari e Magrini condividevano la cella da quattro mesi e, dalle prime indagini, sembra che tra di loro non ci fosse mai stato alcun problema di incompatibilità o qualche segnale che potesse far presagire quanto poi è accaduto. Il presunto assassino, in questo periodo, stava anche lavorando nelle cucine del carcere e, per questo motivo, trascorreva poche ore nella cella: ora le autorità stanno cercando di ricostruire quanto sta accadendo per stabilire dinamiche ed eventuali colpe.
A parlare della tragedia è stato anche Calogero Lo Presto, coordinatore regionale di Fp Cgil polizia penitenziaria. “Il sovraffollamento, unito alla carenza di agenti, personale medico, educatori e assistenti sociali, hanno determinato un ambiente estremamente difficile e pericoloso per tutte le persone detenute e per il personale che vi lavora” ha sottolineato, evidenziando l’urgenza di seri provvedimenti per risolvere queste criticità.
Anche Filippo Di Martino, della Fp Cigl, si scaglia contro la carenza di personale: a suo dire, la situazione è nettamente peggiorata da quando la medicina carceraria è stata tolta dagli istituti. “Il rapporto tra agenti, educatori, psichiatri e carcerati è troppo basso” sottolinea. Ogni millecinquecento detenuti, infatti, nel carcere di Opera ci sono solo una ventina di educatori e pochi agenti, situazione che secondo Di Martino rende impossibile la sicurezza.