Si apre un fascicolo con l’accusa di strage in procura per l’incendio che in via Cantoni ha provocato tre vittime in un emporio cinese
Incendio doloso. Non ci sono dubbi sulle cause del rogo che in via Ermenegildo Cantoni a Milano aveva provocato tre morti, tre ragazzi giovanissimi che si apprestavano a passare la notte all’interno del magazzino cinese dove lavoravano.
Gli uomini dei vigili del fuoco di Palermo, specializzati nell’individuare tracce di accelerante e inneschi grazie allo straordinario fiuto dei cani della loro unità cinofila in questo senso non hanno alcun dubbio.
Rogo via Cantoni, incendio doloso
A fare chiarezza su quello che è accaduto nella notte del 12 settembre scorso è stata Aika, uno dei cani in forza all’unità siciliana che in pochi minuti ha individuato tracce di accelerante nei pressi della porta di ingresso. I vigili del fuoco in un secondo momento con alcuni strumenti sono riusciti a individuare senza ombra di dubbio non solo il punto dal quale il rogo è divampato, ma anche il modo in cui chi ha appiccato il fuoco è riuscito ad accenderlo.
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Aika ha fiutato immediatamente il punto dell’innesco. Ai pompieri è toccato il resto: “Aika ha un fiuto eccezionale – spiega l’istruttore del cane – è grazie a lei che riusciamo a individuare eventuali punti di innesco che in un secondo momento vengono attenzionati con alcune strumentazione, una in particolare, denominata PID. L’esame di laboratorio con gascromatografia e spettrometria di massa ci garantisce se nell’ambiente potrebbe essere stato utilizzato qualche tipo di accelerante di fiamma e ci dà indicazioni precise”.
L’incendio di via Cantoni, tre vittime
Il fatto che l’incendio sia avvenuto ormai dieci giorni fa non ha alcuna importanza: “Anzi… a volte riusciamo a trovare tracce innegabili anche a mesi di distanza – confermano i pompieri – di solito prepariamo che le conseguenze dell’incendio siano più stabilizzate in modo tale che non ci siano più fumi o polveri che disturbino il fiuto di Aika”.
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Il referto è stato depositato in procura dove gli inquirenti hanno ripreso il fascicolo e aggiornato l’ipotesi di reato. Ora si indaga per strage, per il momento ancora contro ignoti.
La proprietà del magazzino Li Junjun nel frattempo ha risposto alle domande degli investigatori confermando il tentativo di estorsione avvenuto qualche giorno prima dell’incendio. In particolare si sta cercando di indagare su un giovane nordafricano che si era presentato all’ingresso del magazzino chiedendo 20mila euro in contanti… “per evitare incidenti”.
Autopsia e nuove indagini
Sulla porta del magazzino sono stati appoggiati biglietti di condoglianze e alcuni mazzi di fiori bianchi, il colore del lutto per la comunità cinese. I funerali dei tre ragazzi rimasti uccisi nel rogo non sono ancora stati officiati: le salme delle tre vittime sono ancora a disposizione della magistratura presso l’ufficio di medicina legale dove ieri si è svolta l’autopsia.
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Non ci sono dubbi che i tre siano morti asfissiati nel disperato tentativo di scappare da una finestra del bagno a piano terra, in una struttura che a quanto pare non disponeva di uscite di sicurezza né di impianti di controllo antincendio completamente a norma.
La protesta della comunità cinese
Domenica in piazza Gramsci ci terrà un presidio della comunità cinese: un atto di cordoglio e vicinanza per i familiari delle tre vittime ma anche un gesto di presenza e di sollecitazione nei confronti delle autorità inquirenti per chiedere che sia fatta piena luce sulla tragedia.
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Le tre vittime erano An Pan, un giovane designer cinese di 24 anni, Yinjie L., unico minorenne – 17 anni – e sua sorella Yindan Dong, di 18 anni che dormivano all’interno dell’emporio. La famiglia dei due fratelli era originaria della provincia di Yuhu ma viveva da tempo in Italia. I ragazzi in particolare erano di Arzignano, in provincia di Vicenza. Si trovavano a Milano per trascorrere le vacanze estive, ospiti del cugino del titolare dello showroom. Chi ha appiccato il fuoco probabilmente non sapeva che all’interno c’erano tre persone…
L’ombra dell’estorsione
Aika è un pastore belga ed è un’autentica fuoriclasse nel suo lavoro, uno dei migliori. Le sono bastati pochi minuti per portare i vigili del fuoco sul luogo dal quale l’incendio ha avuto origine e mostrare il punto esatto di esplosione dell’innesco. Secondo gli investigatori che hanno raccolto campioni di materiale che verranno ora analizzati per identificare con precisione il tipo di sostanza utilizzata qualcuno si sarebbe arrampicato sul tetto del magazzino sfruttando le impalcature di un immobile a fianco oggetto di ristrutturazione per gettare il materiale di innesco dal lucernaio del magazzino.
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La seconda parte dell’indagine entra nel vivo e riguarda chi abbia appiccato il fuoco, perché sul movente non sembrano esserci dubbi. Si è trattato per la conseguenza di un ricatto andato. Gli investigatori infatti sarebbero sulle tracce di un uomo di origine africana, che pochi giorni prima si era presentato ai titolari dell’emporio chiedendo loro 20mila euro in contanti sotto la minaccia di un coltello. Le forze dell’ordine stanno cercando di capire se vi sia un collegamento diretto tra questo episodio e l’incendio che ha distrutto lo showroom togliendo la vita a tre giovani.
L’esame dei video
Sotto esame anche i filmati delle telecamere di sicurezza presenti nei dintorni dell’edificio. Sarebbero stati proprio i video a evidenziare un uomo sospetto nei pressi dell’ingresso poco prima che le fiamme si propagassero. Gli inquirenti confermano l’ipotesi che l’incendiario possa essere una persona di origine straniera, anche se non sono stati ancora forniti dettagli precisi.