La Stazione Centrale di Milano porta i segni della battaglia: vetri in frantumi, slogan e paura. La ricostruzione della guerriglia urbana che ha sconvolto la cittĂ
La polvere si è posata. Le sirene hanno smesso di ululare. Quel che resta, il giorno dopo la manifestazione pro-Palestina, è un silenzio surreale fatto di vetri rotti e di vernice rossa. Le mani simboliche, lasciate sulle vetrine delle banche e i muri imbrattati di slogan anticapitalisti, raccontano una storia di violenza inaudita.
Il cuore della città , la sua Stazione Centrale, porta ancora i segni di un assalto che ha terrorizzato un’intera metropoli. Un ammasso di distruzione e di rabbia che contrasta con la fretta dei pendolari e dei turisti, come se nulla fosse mai successo.
La scena è irreale. Le porte di vetro della Galleria delle Carrozze, l’ingresso principale alla stazione, sono ridotte a fantasmi coperti di nastro adesivo. Sono la memoria di un assalto che ha ridotto in frantumi ogni accesso. “Un bene che sia stato sistemato tutto in una notte: stamattina non c’era neanche un vetro per terra“, dice una ragazza che lavora in uno dei negozi.
Ma le scene di lunedì non si cancellano. “Le mie colleghe mi hanno raccontato tutto: erano terrorizzate“, aggiunge, “sono stati attimi di tensione, temevano che la guerriglia potesse coinvolgere anche noi lavoratori”.
La paura era reale. La violenza è esplosa quando una frangia di manifestanti ha sfondato i cancelli e ha preso d’assalto la galleria, infrangendo tutti i portoni. La polizia ha risposto con cariche e una pioggia di lacrimogeni – se ne sono contati 177 – per respingere l’onda di violenza. La Stazione Centrale si è trasformata in un campo di battaglia.
Le immagini di lunedì sono un pugno nello stomaco. I manifestanti hanno risposto alle cariche con un’impressionante quantità di oggetti: sampietrini (oltre 300 rimasti a terra), transenne, fumogeni, bottiglie di vetro e persino una tanica piena di benzina. Una lotta per ogni metro in via Vittor Pisani, un muro contro muro che ha bloccato il centro di Milano per ore.
Solo a tarda sera, quando la frangia più violenta si è dispersa, la situazione è tornata alla normalità . Gli ultimi manifestanti, rimasti a presidiare la zona, hanno ballato al ritmo dei “bonghi” improvvisati sugli arredi urbani, prima di essere sgomberati dalla polizia alle 22.
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Oggi Milano si è risvegliata, come sempre. I viaggiatori camminano in fretta, con i loro trolley, ignorando le porte senza vetri. La città ha assorbito il colpo, si è rialzata in fretta, ma la cicatrice resta. “Milano è più forte dei violenti”, dice la giovane commessa. Una frase di sfida che risuona come un monito per il futuro.