Arriva direttamente dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie la segnalazione della sempre maggiore diffusione presso le strutture sanitarie del nord del nostro Paese
La diffusione di un fungo resistente ai farmaci sta crescendo negli ospedali europei, e l’Italia è tra i Paesi più colpiti. Una situazione che ha spinto il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) a rilasciare dati aggiornati e a lanciare un’allerta su tutto il continente. Tra il 2013 e il 2023, ha fatto registrare nei Paesi dell’Unione europea oltre 4mila casi, con un aumento significativo a 1.346 casi segnalati da 18 Paesi solo nel 2023. In Italia la situazione è monitorata da tempo, ma è stato registrato un sensibile aumento dei casi soprattutto in alcuni nosocomi del nord.

La Candida Auris è un fungo che è stato isolato per la prima volta nel 2009 in Giappone e il campione risultato positivo proveniva dall’orecchio di una donna. I primi focolai europei del cosiddetto fungo killer risalgono al 2015 e vennero localizzati in Francia, il batterio isolato apparteneva al clade I dell’India meridionale. Da allora, la segnalazione di casi è stata in rapida e preoccupante ascesa a livello globale e anche nel nostro Paese.
Il fungo killer
Ora è allarme e la situazione comincia a fare paura. Aumenta la preoccupazione in Europa per Candidozyma auris, conosciuto dalle nostre parti come Candida auris, un fungo spesso resistente ai farmaci antifungini che si sta diffondendo in alcune strutture sanitarie. Si trova sulle superfici e sulle apparecchiature usate in ambito medico e rischia di provocare infezioni nei pazienti malati in modo grave. L’ultima indagine del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) ha messo in luce che in dieci anni sono stati segnalati oltre 4.000 casi nell’Unione europea e nei Paesi limitrofi, con un picco di 1.346 infezioni soltanto nel 2023.

Un aumento quindi esponenziale che sta mettendo a rischio la salute dei pazienti in sempre più strutture ospedaliere. “C. auris si è diffusa nel giro di pochi anni, passando da casi isolati a una diffusione capillare in alcuni Paesi. Questo dimostra la rapidità con cui può insediarsi negli ospedali”, avverte in una nota il responsabile della Sezione resistenza antimicrobica e infezioni correlate all’assistenza sanitaria dell’Ecdc. Dal punto di vista clinico il fungo colpisce soprattutto i pazienti più fragili, persone già ricoverate, immunodepresse o che necessitano di dispositivi invasivi come cateteri o tracheotomie, ma i sintomi non sono sempre chiari perché i pazienti interessati hanno spesso altre patologie concomitanti.
Misure urgenti negli ospedali milanesi
Il fungo killer può colonizzare la pelle dei pazienti per mesi e sopravvivere su superfici e dispositivi medici. Il contagio diretto o il contatto con superfici contaminate sono i principali veicoli di trasmissione, ma fuori dagli ambienti sanitari la diffusione è molto rara. Nel decennio monitorato dal Centro europeo per la prevenzione, l’Italia è risultata al terzo posto per segnalazioni (712), dietro solo a Spagna (1.807 casi) e Grecia (852), la gravità sta nel fatto che la trasmissione locale sostenuta si è verificata solo pochi anni dopo il primo caso documentato, evidenziando l’importanza cruciale di interventi tempestivi per arrestarne la diffusione e solo 17 dei 36 Paesi partecipanti all’indagine dispongono attualmente di un sistema nazionale di sorveglianza specifico per questo fungo.

Inoltre solo 15 paesi hanno sviluppato linee guida nazionali specifiche per la prevenzione e il controllo delle infezioni, ma tra questi c’è proprio l’Italia che ha disposto tutta una serie di regole da attuare nelle strutture sanitarie. Soprattutto gli ospedali di Milano e dell’intera regione Lombardia hanno messo in pratica regole dove, ad esempio, i pazienti potenziali o già colonizzati o infettati devono essere ricoverati in stanza singola e tutti i visitatori e il personale di assistenza devono osservare la corretta igiene delle mani, indossare camice e guanti monouso, assicurare la decontaminazione delle apparecchiature e dei dispositivi utilizzati da altri pazienti.