Nel corso del processo contro un cittadino filippino accusato di atti persecutori contro la compagna, la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano, presieduta da Fabio Roia, ha stabilito che una persona accusata di stalking, anche in assenza di condanna anche solo di primo grado, e quindi da imputato, può essere sottoposto a misure restrittive e di sorveglianza sociale a causa della sua pericolosità. esattamente come avviene per gli imputati di mafia. Ed è la prima volta che in Italia viene stabilito tale principio.
Le motivazioni dei giudici Roia, Tallarida, Pontani sottolineano che “in un Paese dove circa un quarto degli omicidi volontari riguarda casi di femminicidio, evento terminale spesso preceduto da attività persecutorie poste in essere dall’agente violento, e dove il 77% delle vittime del delitto di atti persecutori risultano di sesso femminile, non appare certamente irragionevole o irrazionale, su un piano di lettura costituzionale, l’avere introdotto da parte del legislatore un ulteriore strumento di tutela sociale”.
Nel caso specifico in questione, nei confronti del filippino accusato è stato possibile emettere alcune misure cautelari in virtù del fatto che a suo carico ci sono gravi indizi di colpevolezza che ne hanno già determinato l’arresto ai domiciliari. Tra queste il divieto di frequentare i luoghi normalmente frequentati dalla ex-compagna per la durata di un anno e mezzo.