Cpr di via Corelli, l’orrore raccontato dai testimoni: “persone chiamate con i numeri”

Le accuse della Procura alla società che ha vinto l’appalto per la gestione del Cpr di via Corelli a Milano: frode nelle pubbliche forniture e turbativa d’asta. L’orrore continua nei racconti dei testimoni del centro

Venerdì primo dicembre i militari della Guardia di Finanza insieme a tre pubblici ministeri milanesi hanno ispezionato a sorpresa il CprCentro permanenza rimpatri di via Corelli a Milano portando alla luce una situazione devastante, con migranti lasciati senza cure, condizioni invivibili del centro e droga spacciata all’interno della struttura da un’ex dipendente, ora indagata insieme agli amministratori della società La Martinina srl, società vincitrice dell’appalto della Prefettura nel 2022 per la gestione dei 72 posti riservati ai migranti nel centro.

cpr via corelli
Cpr di via Corelli a Milano, l’orrore raccontato dai testimoni (ansa) milano.cityrumors.it

Durante le indagini delle Fiamme gialle e della Procura sono emerse, tra le altre orrende violazioni già certificate, anche i racconti di alcuni testimoni che hanno spiegato cosa accadeva nella Struttura di via Corelli: ogni ospite del centro era identificato con un numero. Su una lavagna attaccata alla parete le prescrizioni di giornata nel centro erano abbinate agli ospiti indicati con dei numeri.

Cpr di via Corelli: i migranti abbinati ai numeri. Il racconto di un ex dipendente del centro

Ogni migrante che entrava nel Cpr di via Corelli a Milano, all’ingresso veniva munito da un tesserino recante un numero. Da lì in poi ogni ospite veniva chiamato con quel numero abbandonando il proprio nome. Questo disservizio che, andando a ritroso nella storia, ricorda un po’ quello vissuto dagli ebrei deportati ad Auschwitz, si accosta all’assenza ad esempio di altri servizi indispensabili, come per esempio, quello di informazione legale, non disponibile, o quello della mediazione linguistica carente o inefficace.

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Cpr di via Corelli a Milano, l’orrore raccontato dai testimoni (ansa) milano.cityrumors.it

A confermare i disservizi del centro è la testimonianza, messa a verbale, di un dipendente che per poche settimane ha lavorato all’interno del Cpr e che oggi riporta anche il Corriere della Sera: “Una volta negli uffici di Alessandro Forlenza (il gestore del Cpr, indagato insieme alla società e alla madre amministratrice Consiglia Caruso), ho visto tutta la documentazione di un ospite del centro che attestava le torture che aveva subito nel suo Paese”.

“Senza dire nulla a nessuno, ho contattato l’avvocato del migrante per sapere se fosse stata inviata tutta la documentazione inerente alla sua richiesta di asilo, e solo allora sono venuto a conoscenza che Forlenza non l’aveva trasmessa, e che di conseguenza la richiesta di asilo politico era stata rigettata dalla Commissione territoriale della Prefettura di Milano”.

La testimonianza dell’attivista del Naga

L’informazione legale non era per nulla messa a disposizione dagli amministratori del centro per gli ospiti. A confermarlo era stato anche l’attivista del Naga che lo scorso marzo aveva avuto l’autorizzazione a una visita con preavviso nel Cpr. Oggi racconta: “Abbiamo chiesto se vi fossero informative legali e mi pare che nessuno comprendesse, i pochi che capivano la domanda ridevano. Faccio inoltre presente che al direttore del centro è stato chiesto chi facesse l’informativa legale, e ha risposto che provvedeva lui. Richiesto in cosa consistesse, si è limitato a rispondere che faceva quanto previsto dalla legge. Gli abbiamo chiesto dove fosse questo opuscolo informativo e anche in questo caso non ci è stata data nessuna risposta”.

La deposizione dello scorso 16 novembre ai pm Giovanni Cavalleri e Paolo Storari del testimone Lorenzo Figoni, già autore insieme con Luca Rondi di una inchiesta di Altraeconomia sull’utilizzo di psicofarmaci, svela ora una sorta di sudditanza psicologica della Prefettura nei confronti della società privata che gestiva il Cpr. Il teste spiega, come riporta il giornale: “Proposi l’istanza di riesame al responsabile trasparenza del Ministero dell’Interno, sottolineando che sul sito della Prefettura era presente lo schema di contratto di appalto e che anche il modello di offerta tecnica presente sul sito era non compilato”.

Infine, Figoni conclude dicendo: “La Prefettura ha chiamato, in opposizione, la società La Martinina. E quest’ultima comunicò che si opponeva alla trasmissione dell’offerta tecnica per questioni di segreto tecnico industriale. Chiesi al funzionario della Prefettura ulteriori spiegazioni rispetto alla non ostensibilità della documentazione richiesta, ritenendo io che un contratto pubblico debba essere pubblico. Lui mi disse che La Martinina srl aveva chiesto di non trasmettere l’offerta tecnica in quando soggetto privato che partecipa a bandi di gare, e aggiunse anche che la società sosteneva che, se l’offerta tecnica fosse stata resa pubblica, sarebbero stati ‘rovinati’.

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