Alessia Pifferi, le motivazioni dell’ergastolo: i giudici spiegano la sentenza di primo grado

Dopo la sentenza di primo grado con una condanna all’ergastolo per Alessia Pifferi, accusata della morte della figlia, i giudici hanno pubblicato le motivazioni della sentenza

C’era molta attesa per la pubblicazione della sentenza di ergastolo nei confronti di Alessia Pifferi, la donna accusata di avere abbandonato la figlia Diana per andare a trascorrere un fine settimana con il compagno.

Alessia Pifferi in aula
Alessia Piffer condannata in primo grado all’ergastolo – Credits ANSA (milano.cityrumors.it)

Il caso di Alessia Pifferi, condannata all’ergastolo per aver lasciato morire la sua bimba, di appena un anno e mezzo, ha suscitato un forte clamore mediatico e sociale, ponendo in luce le conseguenze estreme dell’egoismo umano.

Alessia Pifferi, la sentenza

Il 13 maggio scorso, la Corte d’Assise di Milano ha emesso una sentenza di primo grado molto attesa, condannando la Pifferi per omicidio aggravato da futili motivi e dal legame di parentela. Le motivazioni della sentenza, depositate e ora pubblicate, offrono un quadro desolante delle circostanze che hanno portato alla morte della piccola Diana, dipingendo un ritratto impietoso della madre.

Una morte evitabile

Diana è stata trovata senza vita il 20 luglio 2022 in un appartamento di via Parea a Milano dove la piccola viveva insieme alla madre.

La bambina giaceva in un lettino da campeggio, con accanto un biberon di latte e una bottiglietta d’acqua, vuoti. Sul mobile vicino, una bottiglietta di farmaco tranquillante suggeriva l’uso di sedativi per mantenerla tranquilla.

LEGGI ANCHE >> Pavia, Eleonora Paveri e la morte in monopattino: le prime ipotesi

Secondo l’aitopsia la bambina è deceduta per ‘stenti e disidratazione’ dopo essere rimasta sola in casa da sola per cinque giorni e mezzo. Secondo i giudici, la madre aveva coscientemente deciso di abbandonarla per trascorrere un lungo fine settimana con il proprio compagno, mettendo il proprio desiderio di autonomia al di sopra del benessere e della vita della figlia.

Le motivazioni della Corte d’Assise

La Corte d’Assise di Milano, nelle motivazioni della sentenza ufficializzate poche ore fa, ha delineato un quadro inquietante delle azioni di Alessia Pifferi.

Secondo i giudici, l’allora 36enne avrebbe agito con un “futile ed egoistico movente”, ossia quello di “regalarsi un proprio spazio di autonomia”. Questo spazio di autonomia, concretizzato in un weekend con il compagno, è stato ritenuto più importante del “prioritario diritto/dovere di accudire la figlioletta”.

LEGGI ANCHE >> Milano, far west in città: folle inseguimento e spari | L’episodio di cronaca

Le motivazioni della Corte, firmate dal giudice estensore Alessandro Santangelo e dal presidente della Corte, Ilio Mannucci Pacini, sottolineano la consapevolezza della Pifferi riguardo alla pericolosità del suo gesto. Nonostante ciò la Pifferi, ha deciso di agire in modo deliberato, causando la morte della piccola Diana.

Alessia Pifferi in aula

Durante il processo, Alessia Pifferi ha mostrato un atteggiamento che i giudici hanno definito di “deresponsabilizzazione“. Ha cercato di giustificare le proprie azioni con “circostanze oggettivamente e scientemente false”, accusando il compagno di essere l’artefice “morale” dell’accaduto.

Inizialmente la donna ha detto di non ricordare tempi e modi dell’accaduto. Ma nella sua testimonianza, parlando di avere lasciato un solo biberon, evidentemente insufficiente e comunque non i tre biberon che di solito lasciava quando andava via per una nottata, disse… “non so perché, mi è scattato qualcosa nella testa che non mi ha fatto pensare a mia figlia…”

LEGGI ANCHE >> Shiva condannato, sentenza pesantissima del tribunale di Milano: carriera a rischio

Un comportamento interpretato dalla Corte come un chiaro segnale di “carente rielaborazione critica” delle proprie azioni.

Alessia Pifferi in aula
Alessia Pifferi durante l’udienza del processo per l’omicidio della figlia Diana – Credits ANSA (milano.cityrumors.it)

Il pensiero dei giudici

Per i giudici, Alessia Pifferi aveva invece piena coscienza del “disvalore della propria condotta” e, nonostante ciò, ha scelto di perseguire i propri interessi a scapito della vita della figlia.

LEGGI ANCHE >> Cinisello Balsamo, l’incendio era doloso: un uomo rischia di dare fuoco anche ai figli

La Corte ha considerato il crimine di una “elevatissima gravità, non solo giuridica, ma anche umana e sociale”, giustificando così la condanna all’ergastolo. Questa pena rappresenta non solo una punizione per il crimine commesso, ma anche un segnale forte contro qualsiasi forma di abbandono e negligenza verso i minori, in particolare quando motivati da ragioni egoistiche.

Il contesto sociale e psicologico

Il caso di Alessia Pifferi solleva inoltre numerosi interrogativi sul contesto sociale e psicologico che ha portato a un simile tragico epilogo. La decisione di abbandonare la propria figlia per un intero fine settimana, senza considerare le conseguenze, riflette un grado di disconnessione emotiva e di mancanza di empatia che colpisce profondamente. Gli esperti hanno sottolineato come l’azione della Pifferi non sia solo il risultato di un desiderio di libertà, ma anche di una profonda incapacità di comprendere e assumersi le responsabilità genitoriali.

LEGGI ANCHE >> Addio a Massimo Cotto, sublime narratore del rock

Inoltre, il caso mette in luce le possibili carenze nei sistemi di supporto sociale e psicologico per le madri che potrebbero trovarsi in situazioni di stress o difficoltà. La solitudine, l’isolamento sociale e una rete di supporto inadeguata possono contribuire a comportamenti estremi e irresponsabili.

Tuttavia, nel caso di Alessia Pifferi, queste possibili attenuanti sembrano essere state oscurate dall’evidente premeditazione e consapevolezza delle proprie azioni.

Alessia Pifferi, clamore mediatico

La condanna di Alessia Pifferi – un caso che fin dall’inizio ha occupato le pagine di cronaca giudiziaria del nostro paese e che ha in qualche modo coinvolto l’opinione pubblica – rappresenta un caso eccezionale nella storia giudiziaria italiana, non solo per la natura del crimine, ma anche per la risposta del sistema legale.

LEGGI ANCHE >> Raian Kamel e il mito di Icaro: ricordando Patrick de Gayardon

zLa decisione di condannare la donna all’ergastolo riflette la gravità delle sue azioni e l’impatto devastante che hanno avuto non solo sulla vittima, ma sull’intera società. Questo caso potrebbe stabilire un precedente importante per future sentenze in casi simili, sottolineando l’importanza della protezione dei minori e della responsabilità genitoriale.

La reazione del pubblico

Il caso ha scatenato forti reazioni da parte del pubblico e dei media, con molti che hanno espresso shock e indignazione per la crudeltà dell’atto. La storia di Diana ha colpito profondamente l’opinione pubblica, alimentando dibattiti sul ruolo dei genitori, sulle responsabilità della società e sulle misure necessarie per prevenire tragedie simili in futuro. I media hanno seguito il processo con grande attenzione, riportando dettagli che hanno ulteriormente alimentato la rabbia e la tristezza del pubblico.

LEGGI ANCHE >> Investita mentre attraversa sulle strisce: l’Elisoccorso la salva, ma è in coma

Inoltre, il caso ha sollevato domande sulla capacità del sistema giudiziario di trattare adeguatamente i crimini contro i minori, e sulla necessità di riforme per garantire che giustizia sia fatta in modo tempestivo ed efficace. Molti hanno chiesto pene più severe per i crimini di abbandono e negligenza verso i bambini, e un maggior impegno da parte delle istituzioni per proteggere i minori in situazioni di rischio.

Il ricorso in appello

Il caso di Alessia Pifferi per altro andrà avanti. La donna, che a maggio aveva anche cominciato uno sciopero della fame, è stata trasferita da circa un mese nel carcere femminile di Vigevano. Ora la donna che ha 39 anni attende i tempi per il secondo grado di giudizio in appello.

Della sua difesa si occupa l’avvocato Alessia Pontenani“Il ricorso è un diritto insindacabile che le spetta e che è davvero il minimo per valutare in modo completo la sua storia. La condanna dalla gente era arrivata da un pezzo e dopo l’ergastolo tanta gente che odiava lei e persino me che ho scelto di difenderla sarà contenta. Abbiamo ricevuto insulti e minacce di morte, ogni giorno…”

Alessia Pontenani nel frattempo ha chiesto una ulteriore perizia psichiatrica contestando la valutazione dei giudici che avevano definito la Pifferi affetta da da un deficit cognitivo grave ma capace di intendere e volere e quindi senza alcun deficit mentale.

Gestione cookie