Una svolta inaspettata quella sul caso della piccola Diana Pifferi, lasciata morire di stenti dalla madre Alessia. Accusate due psicologhe del carcere di San Vittore che avrebbero manipolato la mente della donna. Indagata anche l’avvocatessa
Sono state perquisite questa mattina, mercoledì 24 gennaio 2024 dalla polizia penitenziaria del carcere di San Vittore a Milano le due psicologhe che ora sono indagate per favoreggiamento e falso ideologico. Le due dottoresse hanno redatto una relazione, effettuando un test sul quoziente intellettivo, su Alessia Pifferi, la madre della piccola Diana morta di stenti nel luglio del 2022 e ora a processo a Milano per omicidio pluriaggravato della figlia di 18 mesi.
Il pubblico ministero Francesco De Tommasi aveva contestato la relazione delle due psicologhe redatta sulla basa dei colloqui avvenuti nel carcere di San Vittore con l’imputata Alessia Pifferi. Secondo il pm le psicologhe avrebbero fornito alla donna “una tesi alternativa difensiva”, un probabile vizio di mente, e l’avrebbero “manipolata”.
Secondo quanto si conosce, alle due psicologhe del penitenziario di San Vittore, la Procura di Milano contesta diversi eventi accaduti in relazione alle accuse di favoreggiamento e falso ideologico rispetto al loro lavoro svolto su Alessia Pifferi. In una relazione poi depositata alla Corte d’Assise sull’operato delle due psicologhe, i psichiatri consulenti della Procura di Milano, Marco Lagazzi e Alice Natoli, avevano fortemente criticato il lavoro svolto dichiarando, come riporta oggi l’ANSA:
“E’ nostro dovere esternare una forte perplessità rispetto ad una apparente prassi che, come ripetiamo, nella nostra piuttosto ampia esperienza, non abbiamo mai visto applicare a nessun altro detenuto”. Secondo gli psichiatri, il test psicometrico Wais eseguito sulla Pifferi avrebbe stabilito che la donna, in pratica, ha un ritardo mentale.
Nella consulenza, Lagazzi e Natoli hanno riportato: “Il contributo delle psicologhe è già stato ampiamente discusso e non si può non essere perplessi per l’attuazione di un test che non ha nulla a che fare con la gestione penitenziaria ma è utile per la difesa penale, e per una intensiva rilettura del caso fatta con l’imputata di un così grave reato. L’impressione che si trae da tutto questo è che ciò renda tra l’altro ormai inutile qualsiasi esame peritale, perché valuterebbe non i vissuti della persona, ma ciò che la stessa ha riferito di avere appreso e discusso nel lavoro con le psicologhe, unitamente al suo deresponsabilizzante convincimento di essere lei stessa una bambina, sempre espresso dalla psicologa”.
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Sulla base di quanto depositato dai due consulenti della Procura, i pubblici ministeri puntano su una presunta “manipolazione” sull’imputata da parte delle due psicologhe e l’accusa, per loro, di favoreggiamento e falso ideologico. Con le due dottoresse è indagata per falso ideologico anche l’avvocata di Alessia Pifferi, Alessia Pontenani. Secondo il pm De Tommasi sarebbe stato attestato falsamente che la donna “aveva un quoziente intellettivo pari a 40 e quindi un deficit grave” con un test non utilizzabile a fini diagnostici e valutativi.
Nel frattempo, a fine febbraio prossimo sarà depositata la perizia psichiatrica disposta dalla Corte d’Assise presieduta da Ilio Mannucci Pacini, per valutare la capacità di intendere e volere di Alessia Pifferi.