L’indomani la condanna all’ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia di 18 mesi, Alessia Pifferi ha avuto un malore in carcere. Ora la 38enne è sorvegliata a vista, l’avvocato: “Dice che vuole raggiungere la sua bambina”
Ha avuto un forte malore Alessia Pifferi il giorno dopo la condanna all’ergastolo in primo grado che la vede accusata di omicidio aggravato con l’esclusione della premeditazione, per aver lasciato morire di stenti la figlioletta di un anno e mezzo lasciandola sola in casa per sei giorni nel luglio di due anni fa.
La 38enne è sorvegliata a vista nella cella della sezione femminile del carcere milanese San Vittore. L’avvocato difensore, Alessia Pontenani ha dichiarato che la notte non è passata tranquilla per la donna che: “Ha avuto un mancamento ripensando alla sua bambina, dice che vorrebbe raggiungerla”.
A seguito del malore, nella mattinata di ieri si erano anche diffuse voci di un tentativo di suicidio, subito smentite dal garante dei detenuti, Francesco Maisto il quale ha riferito, come riporta il Giorno: “Nessun evento critico, la Pifferi è in una cella videosorvegliata e ci sono anche due guardie, quindi non le sarebbe stato possibile compiere alcun gesto di autolesionismo”.
Mentre, altre fonti interne al carcere parlano di uno “stato di agitazione della Pifferi, il ricorso a calmanti, ma nulla di più”. L’avvocato difensore, dopo la visita in carcere, ha ribadito che la sua cliente non era affatto lucida “pronunciava frasi confuse, diceva di volersi spegnere”.
Dopo il mancamento, Alessia Pifferi è sorvegliata a vista dalle guardie carcerarie di San Vittore. L’ipotesi di un gesto estremo non è, forse, da sottovalutare seppur il garante dei detenuti Maisto conferma il contrario.
L’avvocata Pontenani, proprio sulla presunta incapacità di intendere e volere della sua assistita Alessia Pifferi, punterà anche in appello, così come già fatto durante tutto il processo di primo grado.
La difesa, infatti, ha annunciato: “Chiederò la riapertura dell’istruttoria e anche una nuova perizia collegiale perché penso che non ci sia stato un clima sereno. Se non ci fosse stata l’inchiesta parallela forse la perizia avrebbe dato un esito diverso”. E sull’avvocatessa che, in parallelo, è aperta anche l’altra inchiesta che la riguarda in prima persona e con lei anche le 4 psicologhe del carcere di San Vittore.
In questo secondo filone d’indagine, l’ipotesi della accusa è quella di “falso e favoreggiamento”. L’inchiesta parte proprio dal presupposto che vi sia stata una “manipolazione” da parte delle professioniste per aiutare la 38enne a ottenere una perizia psichiatrica che ne dimostrasse un grave deficit cognitivo. Se la tesi del vizio di mente fosse stata accolta dalla Corte la mamma assassina avrebbe potuto avere uno sconto di pena.
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La Corte d’Assise di Milano, presieduta dal giudice Ilio Mannucci Pacini, solo dopo appena due ore di camera di consiglio, ha deciso per l’ergastolo senza le attenuanti generiche.
La decisione si basa sulla perizia psichiatrica firmata dallo psichiatra Elvezio Pirfo. Per i giudici e la giuria popolare la 38enne Alessia Pifferi il 14 luglio del 2022 era consapevole che, lasciando in casa da sola la piccola Diana di 18 mesi per andare nella bergamasca da suo fidanzato, sarebbe morta di sete e di fame.
E, sapendo cosa stava facendo, ha comunque deciso lucidamente di non tornare nell’abitazione di via Parea per sei giorni, nonostante la donna fosse ritornata a Milano.